INTEGRARE L'OMBRA

2 Maggio 2013

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Quando ero piccola mia madre mi diceva continuamente che aveva sempre desiderato una femminuccia e che se fosse nato un maschio lo avrebbe buttato giù per un pozzo, nel dirlo faceva segno con la mano, indicava giù fino al pavimento e diceva"…giùùùùùùùùù per un profondissimo pozzo".

Io sorridevo e pensavo quanto fossi fortunata a non essere quello sfortunato bambino.

Qui sotto è sempre molto freddo, ogni volta che scendo mi prendo un malanno per lo sbalzo termico, oggi per fortuna ho indossato un foulard ma mi chiedo se sarà sufficiente ,queste profondità sono davvero umide e gelide.

Tiro fuori dalla tasca della giacca la chiave della botola, la infilo nel lucchetto e faccio scattare la serratura, illumino le scale che scendono verso le profondità del mio nascondiglio.

Mi reggo al passamano, facendo attenzione a non scivolare lungo le ripide scale inizio la mia discesa.

Lei mi aspetta, sono impaziente di rivederla.

"Sembri un maschiaccio con quei capelli corti, quando pensi che troverai un fidanzato in questo modo?"diceva sempre mia madre…chissà se l'abisso in cui mi stavo immergendo è profondo quanto quello con cui cercava di terrorizzarmi.

Se sapesse che mi piacciono le donne…

Lentamente arrivo al mio tavolo di lavoro, accendo una lampada a batteria e dirigo la luce verso la mia ospite imbavagliata.

È bellissima, spero che la mia bambina sia splendida quanto lei.

"Buongiorno, come stai?"

Le accarezzo i capelli.

"Hai dormito bene?"

Ha lo sguardo vitreo, respira lentamente, sembra traumatizzata ma infondo è normale vista la condizione in cui si trova.

Spero solo che tutto questo non faccia male al nascituro.

Se i miei conti sono giusti dovrebbe stare per iniziare il travaglio.

Le sento il polso, misuro la pressione, sembrerebbe star bene.

Le tolgo il bavaglio.

Urla.

"Qui sotto non può sentirti nessuno"

"Ti prego lasciami andare"

"Certo che lo farò, tu non mi servi a nulla, quello che voglio è qui dentro"

Le accarezzo il ventre gonfio, mi rendo conto che la mia pancia non ospiterà mai una morbidezza come questa.

"Un giorno sarai una brava madre come me e insegnerai a tua figlia ad esserlo altrettanto"

Questo mi diceva sempre ogni sera di fronte allo specchio mentre mi spazzolava i capelli.

Il suo respiro ora si fa affannato, iniziano le contrazioni.

"Spingi, non ti preoccupare ci sono io…"

Lei inizia a spingere, lo sforzo le rende il viso paonazzo, urla per il dolore e la paura.

Poco dopo il piccolo viene alla luce.

Dio come è piccolo, così indifeso.

Lo prendo in braccio, taglio con delicatezza il cordone ombelicale, mi accerto del sesso.

È un maledetto maschio, ancora.

"Peccato…"

"..p-peccato cosa?... ti prego, dammi mio figlio…è mio…"

"…è un maschio, mi dispiace….."

Apro la botola posta al lato del lettino e butto il bambino vivo insieme agli altri.

Lei ricomincia ad urlare.

"..non ti preoccupare,tanto tra poco sarai li sotto con lui…"

Prendo il martello dalla cassetta degli attrezzi e le fracasso il cranio, sangue e pezzi del suo cervello schizzano tutto intorno a me.

Pulire sarà un casino, ne ho addosso anche io. Slego il corpo e lo trascino fino alla botola da cui proviene il flebile pianto del bambino.

Pulisco, metto in ordine, starnutisco….ecco accidenti, mi sono ammalata di nuovo, mi brucia la gola, allento il foulard, mi gratto il pomo d'Adamo.

Spengo la lampada e lentamente, stando attenta a non inciampare, inizio la mia risalita verso la luce.

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