L’affare dei palazzi al posto dei ruderi

Lo scontro al Tar tra Comune e Genio civile per l’ultima area con vista mare ma a rischio esondazione

PESCARA. Un grande affare con vista sul mare. Sull’ultima area di Pescara ancora libera dai palazzi. Capannoni dismessi e ruderi che cascano a pezzi. È una zona che può valere una miniera d’oro a un passo dal fiume, dal ponte del Mare e dal porto turistico, e che si identifica con una sigla: Pp2 (Piano particolareggiato 2). Una parte del Prg di Pescara che punta a cambiare un pezzo del quartiere Porta Nuova, per decenni culla di attività commerciali e industriali: in un fazzoletto ci sono l’area pubblica dell’ex Cofa, un tempo mercato ortofrutticolo, l’ex Di Properzio, vecchio stabilimento di carburanti in arrivo al porto, e poi l’ex Edison. Proprio quest’ultima area è al centro del progetto Waterfront Center, avviato nel 2012 dalla società Pescaraporto riferibile all’avvocato pescarese Giuliano Milia e al costruttore di Chieti, Franco Mammarella, un progetto oggi finito sotto inchiesta. L’intervento – avviato per un albergo, modificato strada facendo in hotel e uffici e con l’ultima richiesta bocciata per costruire appartamenti – è l’unico partito nella zona. Proprio davanti alla foce del fiume, in un’area che, per il Genio civile, è a rischio esondazione. Talmente a rischio che, nel 2014, lo stesso Genio civile diede «parere non favorevole» all’intero Pp2 ideato dall’amministrazione comunale dell’epoca guidata dal sindaco Luigi Albore Mascia. Un’area segnata dal degrado che la giunta di centrodestra avrebbe voluto riqualificare tra edilizia e terziario. E proprio, per questo, la giunta Albore Mascia impugnò il no del Genio civile al Tar di Pescara. Durante il giudizio, la difesa del Genio civile depositò uno studio alla base di quel rifiuto: si tratta di uno studio, redatto nell’ambito dell’elaborazione del Piano regolatore portuale, che evidenziava l’«innalzamento» del livello del fiume alla foce «a causa di mancata/insufficiente manutenzione idraulica e bonifica dell’area portuale» tale da costituire «condizione di oggettivo pericolo e di grave preoccupazione». In quel documento è scritto che «nell’ultimo tratto fluviale, si verificano, in caso di piena, tiranti idrici notevolmente superiori alla quota delle banchine e che implicano la diretta esondazione nelle zone urbane adiacenti e che corrispondono proprio alle aree del Pp2 caratterizzate dal massimo sviluppo edilizio e trasformazione urbana». Il no del Genio civile si fondava sul Piano stralcio a difesa dalle alluvioni (Psda) all’epoca vigente che «non contemplava scenari di esondazione e di pericolosità idraulica diversi e peggiorativi».

In aula, il Comune rivendicò la necessità di pianificare lo sviluppo dell’ultima area strategica della città: «Dunque, secondo le amministrazioni resistenti, il Comune avrebbe dovuto rassegnarsi a una messianica attesa di un’eventuale variante al Psda per poter finalmente esercitare la propria funzione di pianificazione attuativa nelle aree ricomprese nel Pp2. Il principio di proporzionalità invece imporrebbe che anche le misure di precauzione non possano sospendere a tempo indeterminato la funzione pianificatoria». Il giudizio finì con un niente di fatto: il Tar si chiamò fuori giudicandosi incompatibile.

L’allora assessore all’Urbanistica Marcello Antonelli, oggi capogruppo di Forza Italia, ricorda però la genesi di Pescaraporto: «Ricordiamo gli strascichi anche polemici seguiti alla firma del primo titolo edilizio deciso in autonomia da un dirigente nel 2012 e che io ritenni palesemente illegittimo perché in contrasto con la pianificazione del Pp2 adottata dalla giunta a giugno 2012. Non ci è mai piaciuta la modalità con cui è stato rilasciato quel titolo edilizio, così come», continua Antonelli, «antipatiche sono state le lettere esplicitamente minacciose che ho ricevuto da Pescaraporto per il mio dissenso espresso nei confronti dell’atto del dirigente, e per questo oggi auspichiamo che l’indagine in corso possa approfondire anche le modalità che nel 2012 hanno portato proprio al suo rilascio, per la costruzione di uffici sulla riviera sud, da cui l’intera amministrazione comunale ha sempre e subito preso le distanze, tanto che nella rimodulazione della macrostruttura il dirigente che aveva operato quella scelta è stato destinato, a fine anno, ad altro incarico. Chiediamo al sindaco Marco Alessandrini se non ritenga opportuno ridimensionare i carichi e incarichi attribuiti al dirigente Guido Dezio, comunque coinvolto nell’indagine pur non avendo alcuna apparente competenza nell’iter di Pescaraporto». (p.l.)