L’amica di Alessandro: l’assassino è a Pescara 

La ragazza assistita da Nerino durante le gravidanze: «Un fratello»

PESCARA. Arriva accompagnata dalla madre, che piange Alessandro Neri come fosse uno dei suoi figli.
Senza versare una lacrima, ma con lunghi silenzi che ne raccontano il dolore e la rabbia, la ragazza che Alessandro aiutò nel corso delle due gravidanze, e di cui Paolo Neri ha parlato in diretta tv per raccontare il buon cuore del figlio, accetta di raccontare al Centro chi era Alessandro. «Si deve partire da lì», dice sicura la ragazza, «dal suo modo di essere, per cercare il suo assassino. Alessandro era buono. Buono e furbo. Non si sarebbe mai fidato di chi non conosceva. Mai».
La 21enne chiede l’anonimato «perché ho due figli piccoli e perché non mi va di stare sotto ai riflettori», ma accetta di raccontare Nerino, come lo chiamano anche gli amici, «perché glielo devo. Lo devo a lui, alla persona meravigliosa che è stata, e ai suoi genitori. Due persone eccezionali». E comincia. «Ho conosciuto Alessandro cinque anni fa, avevo 16 anni e lui oltre a essere amico di mio fratello era il migliore amico del mio ex compagno. Amico fraterno. All’inizio lo temevo anche, perché non mi potevo muovere che subito lo riferiva a mio fratello, ma poi frequentandoci tutti insieme siamo diventati grandi amici. Ed è diventato un fratello. Sempre presente, nella vita mia e della mia famiglia».
«Un ragazzo straordinario»,annuisce la madre che le sta a fianco, mentre tra le lacrime racconta di aver portato una palma benedetta sul luogo infame dove l’hanno ritrovato, «un ragazzo di una bontà unica, che si faceva amare anche solo con il sorriso. Ha aiutato tante volte i miei figli e anche me. Sono separata, quando è servito non ho dovuto neanche chiedere, pronto con la spesa, con i soldi per la bolletta. Una persona unica». Piange la signora che non si dà pace per la fine che gli hanno riservata e per il modo. «Non solo gli hanno sparato, l’hanno fatto ritrovare lì, in quel modo, uno sfregio che Ale non si meritava. Non c’è rassegnazione per tutto questo. Alessandro era una meraviglia, e ce l’hanno tolto».
«L’ultima volta che ho visto Ale», riprende la ragazza, madre di due bambini di un anno e mezzo e di due anni e mezzo, «è stato qualche settimana prima della sua scomparsa. Era venuto con la tuta dell’Adidas e altre cose da vestire per i bambini, e un vassoio di dolci. Se ti serve qualcosa», mi disse ancora una volta, «sono qua».
Lo chiama Nerino, la ragazza, che non ha dubbi: «Se è andato con chi l’ha ucciso è solo perché si fidava. Ale sapeva riconoscere il pericolo». «L’assassino è qui, è a Pescara», le fa eco la madre, «Alessandro non era uno stupido, anzi. E si sapeva difendere. Evidentemente non ha fatto in tempo, si è fidato». Una convinzione che anche la madre di Alessandro, Laura Lamaletto, sta ripetendo quotidianamente nei suoi appelli in diretta Facebook all’assassino del figlio. «Con la madre Alessandro aveva un rapporto meraviglioso», va avanti la signora, «l’adorava. Si sarebbe confidato se c’era qualcosa di così grande da preoccuparlo. E poi aveva tanti amici, tanti che gli volevano bene, l’avremmo aiutato, qualsiasi fosse stata la gravità. Invece no, è andato solo a quell’appuntamento, senza immaginare minimamente quello che l’aspettava».
Alessandro che, come racconta l’amica, la prima cosa che faceva quando saliva in macchina era accendere la radio e mettere sull’emittente Planet, tutta musica sudamericana. «Quanto gli piaceva», sussurra la ragazza amareggiata anche per tutto il tempo già passato alla ricerca della verità. «Mia figlia di due anni e mezzo mi chiede di zio Ale, ormai sa che sta con Gesù, ma quanto l’amava Nerino», va avanti la giovane mamma, «per lei stravedeva. Sempre regali, attenzioni, la riempiva di baci, abbracci. C’è un video in cui ballano, l’ho perso purtroppo. Nerino mi è stata accanto da quando ho partorito lei, e poi anche per il secondo bambino, perché il padre non c’era. C’era lui, l’amico fraterno del mio ex compagno, il suo unico vero amico». Nerino, «che d’estate non serviva neanche il telefono per incontrarlo, bastava andare alla piazzetta di Villa raspa, quella dove ora c’è scritto il suo nome, era il punto d’incontro di tutti gli amici. Per me Nerino sta ancora là». E infine: «Chi l’ha ucciso, abbia almeno il coraggio di dirci perché. Noi non riusciamo a capirlo. La droga, la gelosia? Ma che? Alessandro la droga non la toccava e aveva un rispetto per le ragazze e per gli amici che mai si sarebbe permesso. Alessandro ti riempiva il cuore. Ma adesso bisogna lasciarlo riposare, va lasciato in pace», chiede l’amica. «L’hanno ucciso in quel modo, l’hanno buttato lì in quel modo e non può ancora neanche essere seppellito. No, Nerino non meritava tutto questo».
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