«L’ho colpita, poi ho cercato di salvarla» 

Il pensionato ha ucciso la moglie perché lei non voleva farlo più guidare. Il pm contesta i futili motivi: accusa da ergastolo

TORINO DI SANGRO. «L’ho colpita, poi ho cercato di salvarla. Ma è stato tutto inutile». È questo il passaggio chiave della confessione dell’assassino di Torino di Sangro: venerdì mattina, all’interno della sua villa al civico 1 di via Montesecco, Domenico Giannichi, operaio in pensione di 68 anni, ha subito ammesso di aver ucciso la moglie Luisa Ciarelli, di tre anni più giovane. Adesso il sostituto procuratore di Vasto Gabriella De Lucia, che coordina le indagini dei carabinieri, contesta all’uomo l’omicidio volontario aggravato dai «futili motivi» e «dall’aver agito contro la coniuge». Un’accusa da ergastolo. L’udienza di convalida dell’arresto è stata fissata per domani alle 10.30: l’indagato potrà confermare questa versione davanti al giudice per le indagini preliminari Italo Radoccia.
Domenico, che soffriva di problemi psichici, si è scagliato contro la moglie perché lei non voleva più farlo guidare, considerando i farmaci che assumeva nell’ultimo periodo. Dopo il litigio scoppiato nella Fiat Panda, la donna ha cercato di scappare. Ma il marito l’ha inseguita nelle campagne, massacrandola di pugni e finendola con un oggetto trovato sul posto, probabilmente un paletto di legno. A telefonare ai carabinieri è stato il genero di Domenico: «Mio suocero mi ha chiamato dicendo di aver ucciso la moglie». Alle 11.25, quando i carabinieri sono arrivati in zona, l’assassino era all’esterno della sua abitazione: visibilmente agitato, aveva il volto e i vestiti sporchi di sangue. «Sì, ho aggredito mia moglie, forse l’ho ammazzata», ha detto il pensionato, prima di indicare il luogo dove aveva abbandonato il cadavere. Poi, è rientrato velocemente nella villa. A quel punto i militari di Torino di Sangro hanno fatto irruzione, bloccando l’assassino al primo piano, mentre si trovava sull’uscio di casa. Giannichi non ha fatto resistenza. «Poco fa ho litigato con mia moglie e l’ho uccisa», sono state le sue prime parole, «l’ho colpita con un oggetto, non ricordo quale. Poi ho provato a rianimarla, ma non è servito a nulla». I parenti dei coniugi hanno confermato che il rapporto della coppia, ormai da tempo, era diventato burrascoso. Ma mai Domenico, dicono sempre con convinzione i familiari, era stato violento nei confronti della moglie. Ora l’assassino è rinchiuso in un cella del carcere di Torre Sinello, a Vasto. Piange e non si dà pace, ripete il suo difensore, l’avvocato Alberto Paone: «È confuso, molto provato, parla della moglie in terza persona, come se fosse ancora viva». L’ospedale di Lanciano, sottolinea ancora il legale, ha prescritto all’arrestato farmaci e tranquillanti dopo le prime cure che hanno evidenziato contusioni multiple. «Giannichi non è in sé al cento per cento», prosegue Paone, che ieri mattina ha incontrato il suo cliente in carcere, «sto valutando la possibilità di chiedere una perizia psichiatrica. È sempre stato un uomo tranquillo, serio, preciso e stimato, ma negli ultimi tempi presentava situazioni psicologiche accresciute dopo un intervento chirurgico cui è stato sottoposto per una patologia molto seria. Ha cominciato ad avere molte paure, si vedeva che non era pienamente in sé». L’assassino rischia il carcere a vita. «Quanto all'eventuale richiesta di rito abbreviato, anche questo è tutto da valutare. Non bisogna dimenticare», conclude l’avvocato, «che i coniugi hanno avuto una colluttazione. Giannichi è stato refertato per varie ecchimosi e lesioni, anche agli occhi. Non è andato lì con l’idea di picchiare e uccidere la moglie, ma è stata una lite degenerata». Martedì l’autopsia, affidata al medico legale Cristian D’Ovidio, dirà quante volte è stata colpita Luisa. Ma il caso è già chiuso in tutta la sua spietata chiarezza.