La cucina Reale di Niko Romito in duecento pagine

«Il gesto che io compio è troppo importante per sottovalutarlo: preparo qualcosa che finirà nella bocca di un altro, che diventerà parte del suo corpo. Voglio avere il massimo rispetto per chi mangia, quando cucino». La filosofia di Niko Romito è tutta in questa frase. E chi ha la fortuna di essere suo ospite al ristorante Reale di Rivisondoli comprende bene il significato di quelle 34 parole. Molte parole in più, ma anche tante belle immagini, compongono il libro «Niko».

Il volume, che ha il sottotitolo «Semplicità Reale» è firmato da Clara e Gigi Padovani con il giovane chef abruzzese (Giunti editore, 192 pagine, 25 euro).
Ma non è un volume di cucina o di ricette (ci sono anche quelle, ovviamente). E’ un viaggio nella cucina e nella maturazione di un uomo di 35 anni che in due lustri è passato, come recita significativamente un paragrafo del libro, da «sguattero a chef delle first ladies del mondo».
Al G8 tenutosi all’Aquila dopo il terremoto, infatti, Niko Romito ha cucinato per le signore dei grandi della Terra (ottenendo, naturalmente, successi e richieste di «segreti»). A quel traguardo è arrivato passando per gradi, conquistando la stima, l’ammirazione e l’affetto di tutti i gourmet italiani, di tutte le guide più importanti, arrivando a potersi fregiare di due stelle Michelin e dell’inserimento nel prestigiosissimo Jre, i Jeunes restaurateurs d’Europe (giovani ristoratori d’Europa).
Ma Niko aveva tutt’altre idee nella testa fino a dieci anni fa, quando, nel dicembre 1999, scomparve il papà e tornò, con la sorella Cristiana, a Rivisondoli da Roma, dove studiava Economia.

Certo, aveva sempre messo il naso nella pasticceria di papà Antonio (che poi diventò una trattoria), e a Roma, dove ha frequentato medie, superiori e università, iniziò anche a seguire, nel 1998, i primi corsi amatoriali di cucina. Poi la decisione l’ha presa il destino. E lui d’impulso pensò di tornare al paese, appoggiato dalla sorella, per rivoluzionare l’azienda di famiglia. «In paese ci consideravano matti perché avevamo investito tutto quello che potevamo nel nuovo locale. E a mia madre Giovanna, piuttosto preoccupata, dicevo “Mamma, ce la possiamo fare”. Abbiamo avuto ragione», spiega ancora Romito.
Ma la cucina di Niko non ha niente a che fare con le «rivoluzioni» degli chef patinati, quelli alla moda in tv o in lontane quanto sopravvalutate capitali del gusto.

«Qualcuno a volte pensa che noi chef in cucina facciamo “cose strane”, che andiamo alla ricerca di piatti elaborati. Ma non è così, la prima attenzione è rivolta alla materia prima: le tecniche di cottura e il mio lavoro di cuoco sono tesi soprattutto a esaltarla al meglio. Per questo non riesco a immaginarmi in un ristorante a Roma o a Milano: se non conosco bene chi mi porta le ricotte fresche, l’agnello o i piselli, appena colti a pochi chilometri dal Reale, non sono contento». E i suoi piatti sono un condensato della tradizione abruzzese: brodo di capra, dragoncello e lamponi; ostrica pomodoro e mela; assoluto di cipolle, parmigiano reggiano e zafferano; tagliatelle in bianco; espressione croccante di lingua. «Cerco di togliere i condimenti, le salse in eccesso, i grassi, perché se i sapori d’Abruzzo sono forti e autentici, non per questo la mia cucina dev’essere greve». E giusto per non smentirsi assicura che il suo piatto preferito è spaghetti pomodoro e baccalà.

Il volume, oltre alle interviste ai due creatori del Reale, Niko e Cristiana Romito, propone anche un’infinità di ricette, utili in questo periodo di feste per provare a misurarsi con le invenzioni di un grande giovane chef.