LA LETTERA / Dacia Maraini:«Getto la spugna, lascio il mio lavoro in Abruzzo»

La scrittrice scrive al nostro giornale: «Sono costretta a dire addio al Teatro di Gioia e alla Scuola annuale di Drammaturgia. Non posso più andare avanti con l’assenza delle Istituzioni e le promesse non mantenute»

Caro Tedeschini,
La voglio ringraziare pubblicamente per l'articolo che ha scritto su di me e il mio lavoro qui in Abruzzo. Lei ha parlato del mio amore per queste terre e delle tante iniziative che ho preso in carico per cercare di ravvivare alcuni paesi abbandonati, di cui mi sono innamorata. L'amore mi ha permesso di andare avanti per tredici anni, faticando, spendendo energie fisiche, psichiche ed economiche, con una risposta devo dire commovente da parte di tanti abruzzesi che mi hanno seguita sempre con fiducia e attenzione.

Ora però mi trovo nella condizione incresciosa di dovere dire addio, non alle terre d'Abruzzo che continuerò a frequentare e amare, ma al Teatro di Gioia, alla Scuola annuale di Drammaturgia e a tutte le attività connesse. Non posso più andare avanti con l'angoscia dei tagli che stanno diventando sempre più drastici, con l'assenza delle Istituzioni, con le promesse non mantenute e la disperazione di non potere retribuire chi lavora.

Il mio impegno è sempre stato gratuito e non mi lagno di questo. Ho fatto una scelta consapevole. Ho avuto accanto a me delle persone meravigliose che hanno dato tanto e senza mai lamentarsi, con generosità e fiducia. Ma è diventato talmente difficile andare avanti che non credo di potere reggere la terribile fatica e la tensione delle infinite attese, l'incertezza delle entrate, la mancanza di risposte da parte degli amministratori pubblici.

Per questo voglio annunciare qui oggi che sono costretta a chiudere le mie attività teatrali sul territorio. Lo faccio attraverso il vostro giornale perché è quello che ho sentito più vicino in questi anni e so quanto è letto e amato dagli abruzzesi.

Mi dispiace molto dovere fare questo annuncio che mi addolora. Dopo tanti anni di entusiasmo, di passione civile, di partecipazione collettiva, è uno strazio dovere constatare che questo Paese non crede nella cultura, non ha nessuna intenzione di investire in progetti seri a lunga scadenza.

Eppure sulla terrazza giardino di Gioia dei Marsi, abbiamo avuto, accolti da un pubblico entusiasta, il meglio del teatro italiano, da Franca Valeri a Giorgio Albertazzi, da Piera Degli Esposti a Michele Placido, da Emma Dante ad Ascanio Celestini, da Massimo Ranieri a Pamela Villoresi, da Moni Ovadia a Beppe Barra, da Gigi Proietti a Paola Cortellesi, da Arturo Cirillo a Marco Paolini, da Sista Bramini a Vincenzo Salemme, da Dario Vergassola a Mariangela D'Abbraccio, e potrei citarne molti altri.

Per non parlare dei cantanti straordinari come Lucio Dalla, Edoardo ed Eugenio Bennato, Antonella Ruggieri, Ornella Vanoni, Lina Sastri che si sono succeduti sul palcoscenico del piccolo paese abbandonato di Gioia Vecchio, sotto una tenda improvvisata, con le sedie portate su apposta dal Comune e un gran lavoro di organizzazione del volontariato di zona.

Ringrazio infine gli insegnanti della scuola di teatro: Mariangela Melato che purtroppo se n'è andata troppo presto, Ottavia Piccolo, Fabrizio Gifuni, Manuela Giordano, Spiro Scimone, Giuseppe Manfridi, Boris Vecchio che nella loro generosità e passione, hanno suscitato l'entusiasmo e l'affetto dei corsisti.
Un carissimo saluto.