La lite in campo tra calciatori finisce a processo: serve l’arbitro

Inchiesta per lesioni, chiamato a testimoniare il giudice di gara di quella partita. Chiede 50mila euro il giocatore che per il calcio dell’avversario ebbe la frattura del malleolo
PESCARA. Anche un fallo di gioco su un campo di calcio può trasformarsi in un procedimento penale. E per quel fallo, commesso durante una partita di calcio, si può finire prima sotto inchiesta e poi sotto processo. Ed è questo che è successo a seguito di una gara del campionato di Seconda categoria che si giocava in campo neutro (a Spoltore) tra la Vis Cerratina e Picciano Calcio il 5 dicembre 2021. Sul banco degli imputati, con l’accusa di lesioni personali, è stato il calciatore della Vis Cerratina Federico Marano, pescarese di 29 anni (difeso dall’avvocato Manuel Sciolè) che, colpendo con un calcio alla caviglia destra un giocatore della squadra avversaria, Nicola Di Norscia, pennese di 26 anni (assistito dall’avvocato Francesco Di Tonto che, per conto del suo assistito si è costituito parte civile), ora si trova davanti al giudice monocratico Gianluca Sarandrea, per aver provocato all’avversario la frattura del malleolo peronale.
Una vicenda che va avanti ormai da quattro anni e che, con ogni probabilità, si potrebbe definire entro il prossimo mese di gennaio. Ma la questione è diventata sicuramente un caso di discussione per parecchio tempo negli ambienti del calcio dilettantistico dei due piccoli centri del Pescarese. Nell’ultima udienza davanti al giudice erano stati chiamati a deporre una decina di testimoni fra ex dirigenti, dirigenti ed ex giocatori. Persino l’ex sindaco di Pianella Giorgio D’Ambrosio, presidente e all’epoca dei fatti dirigente della Vis Cerratina e quel giorno, peraltro, sedeva in panchina. Ma il problema è che, ad oggi, non sarebbe stato ancora chiarito se quel fallo è stato compiuto in una fase di gioco, proprio allo scadere della partita se non addirittura nei minuti di recupero, o a gioco fermo.
D’Ambrosio, così come gli altri testi ascoltati dal giudice nell’ultima udienza, ha chiaramente detto che fu un fallo commesso durante il gioco. «Ero in panchina», afferma D’Ambrosio, oggi presidente della squadra, «e lo ricordo perfettamente, così come gli altri testi sentiti che hanno fornito tutti la stessa versione. Fu sicuramente un intervento pesante, ma agonistico. Tanto è vero che l’arbitro espulse il giocatore, mentre l’avversario fu costretto a un trasporto in ospedale. E che così è stato, cioè che il fallo venne compiuto durante il gioco, risulta anche dal referto dell’arbitro».
Ma non tutti sostengono questa tesi. Il legale della parte offesa, nella sua costituzione di parte civile, con la quale chiede un risarcimento di 50mila euro, afferma che il suo cliente era entrato in campo nelle «battute finali dell’incontro, di lì a poco il Picciano Calcio segnava un gol, per il tramite di altro compagno di squadra, così andando in vantaggio sul Cerratina». C’è da dire che la Vis Cerratina era in vetta alla classifica e quella rete, praticamente allo scadere della partita, creò una certa tensione in campo.
«Nell’immediatezza di ciò», aggiunge il legale della parte offesa, «e sul finire della partita, un giocatore avversario del Cerratina lanciava il pallone al di fuori del rettangolo di gioco, sicché il Di Norscia, a gioco completamente fermo, si accingeva ad andare a raccogliere il pallone correndo al di fuori del campo di gioco (verso la linea laterale) per poter effettuare la rimessa», quando venne raggiunto dall'imputato che «sferrava immotivatamente ed a gioco fermo, da dietro, un forte calcio sulla caviglia destra della sventurata parte offesa». Decisivo, dunque, la versione dell’arbitro di quella partita, che il giudice ha deciso di risentire nella prossima e conclusiva udienza, prima di passare alla discussione.
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