La lotta dei residenti Due esposti contro i gas del depuratore

La protesta: troppe esalazioni, problemi a occhi e gola Il Comune accusa: l’Aca stocca i fanghi all’aperto

MONTESILVANO. Accade tutti i giorni, tranne sabato e domenica: per un’ora, tra le 20,45 e le 21,45, la zona di Villa Carmine a ridosso del depuratore di via Tamigi deve convivere «con una puzza insopportabile». A parlare così è Giacomo Martello, residente di via Senna, uno dei 15 abitanti della zona che dal 2010 hanno firmato 2 esposti per chiedere indagini sulle esalazioni che arrivano fin dentro le case. «A volte si sente soltanto un odore strano, in altri casi, però, capita che ci arrossano gli occhi e che avvertiamo male alla gola», racconta Martello, «abbiamo paura per la nostra salute e ancora di più per quella dei nostri figli».

I residenti di Villa Carmine, lo stesso quartiere dell’ex discarica da 300 mila metri cubi di rifiuti scaricati a contatto con il terreno e a picco sul fiume Saline, si sono stretti in un comitato spontaneo: nella zona, vicino al Sin (sito di interesse nazionale per l’inquinamento) sono spuntati palazzi da centinaia di appartamenti e la paura dell’inquinamento diventa ogni giorno più grande. Corpo forestale, Asl di Pescara, Arta, polizia provinciale e vigili urbani: tutti sono stati informati del caso. L’ultimo sollecito al sindaco Idv Attilio Di Mattia arriva da un altro gruppo di residenti del condominio Farfalle: «Sì, mi hanno scritto», conferma il sindaco, «il problema esiste».

«D’estate», spiega Martello, « il cattivo odore è insopportabile mentre d’inverno, con l’aria fredda, la puzza si sente di meno. Le autorità ci assicurano che il depuratore funziona ma, secondo noi, c’è qualcosa che non va».

Dal 2009, la gestione del depuratore è passata dal Considan all’Aca. Per il Comune, la «puzza insopportabile» è legata ai fanghi lasciati su un piazzale: «Una parte dei liquami», dice l’assessore ai Lavori pubblici Pd Feliciano D’Ignazio, «viene trattata e rilasciata nel fiume. Il resto, sostanza solida, viene raccolto all’aperto e senza protezioni. Secondo quanto abbiamo ricostruito, tra le 20,45 e le 21,45, i fanghi vengono caricati da una ruspa e messi su un camion che li trasporta fino in Umbria». I fanghi di Montesilvano finiscono a centinaia di chilometri di distanza. Perché mai? L’impianto per il compostaggio interno al depuratore è finito sotto sequestro dal 2009 in un’inchiesta della forestale su un traffico di fertilizzanti al veleno: «Per questo», spiega D’Ignazio, «l’Aca stocca i fanghi all’aperto ma, nel frattempo, l’area del lungofiume si è sviluppata e una soluzione così non può andare avanti a lungo. All’inizio di ottobre, abbiamo mandato via fax all’Aca una richiesta di spiegazioni e di intervento ma finora non abbiamo avuto risposta. È necessario chiarire chi, dove e quando deve eseguire il trattamento dei fanghi. L’Aca», sottolinea D’Ignazio, «deve trovare una soluzione che non provochi danni ai residenti». «La causa del problema non è chiara», per il sindaco, «ho chiesto una relazione ai tecnici e, se sarà necessario, nel 2013 affiderò un incarico a un esperto». «Adesso, il nostro compito», afferma Manuel Anelli, consigliere del Movimento 5 Stelle autore di un’interrogazione sul caso, «sarà fare pressioni, tramite il Comune o gli organi di vigilanza, affinché si risolva finalmente questa situazione che da troppo imbarazza cittadini e pubblica amministrazione di Montesilvano».

Dall’Aca, contattata dal Centro attraverso l’ufficio stampa, il direttore tecnico Lorenzo Livello fa sapere che il depuratore «funziona», che è controllato «ogni 15 giorni» dall’Arta e non si riscontrano problemi.

Ma resta aperto il fronte dei fanghi: cosa c’è, adesso, dentro i capannoni sequestrati nel 2009? Secondo fonti del Comune, in 3 anni nessuno avrebbe rimosso i fanghi inquinati da cadmio, zinco, rame e idrocarburi pesanti: un’altra piccola bomba a un passo dal sito inquinato.

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