Femminicidio Lettomanoppello, la rabbia del figlio di Mancini: «Chiedo di togliergli l’arma da 10 anni ma nessuno ha fatto niente»

foto di Giampiero Lattanzio

10 Ottobre 2025

Lo sfogo di Camillo Mancini: «Poteva uccidere anche mio figlio, un proiettile gli ha sfiorato l’orecchio». Ieri mattina l’ultimo tentativo di calmare il padre

LETTOMANOPPELLO. «Sono oltre dieci anni che denunciavo quella pistola, tutti lo sapevano, anche i carabinieri del paese, e nessuno gli ha mai fatto una perquisizione. Questo è lo Stato italiano». Rabbia e ricordi che si mischiano al dolore di vedere il corpo di mamma Cleria riverso a terra, in una pozza di sangue coperta dal lenzuolo bianco. Camillo Mancini urla, parla ad alta voce con i parenti e gli amici che ieri pomeriggio, dopo la notizia della tragedia, sono corsi nella piazza di Lettomanoppello per abbracciarlo. La madre a terra, una vita spezzata da un colpo di pistola sparato da suo padre Antonio Mancini, 69enne ora in arresto per omicidio.

Quella pistola in mano ad Antonio, un passato dietro le sbarre e un presente non lucido, non ci doveva stare. E Camillo aveva provato a dirlo in tutti in modi, da anni. Da quando quel papà aveva superato la soglia del limite, iniziando a minacciare pesantemente la madre e tutta la sua famiglia. «Dieci anni fa ho litigato con mio padre perché mi sono lasciato con una donna e per tre giorni non sono potuto rientrare a casa, con lui che mi seguiva con la pistola», racconta Camillo, «così ho denunciato. Sono andato dall’allora comandante della stazione dei carabinieri perché papà aveva minacciato mia madre, mio figlio e la mia attuale compagna. Gli dissi che ci avrei messo io la firma su quel pezzo di carta. Avevo avvisato della pistola, l’ho vista con i miei occhi. L’aveva rubata. E ripetevo: “Vi prego, togliete la pistola a quel pazzo prima che faccia qualche danno". Da allora sono passati dieci anni ed ecco il risultato: mio padre ha ammazzato mia madre».

E da Camillo, che piange e si abbandona tra gli abbracci degli amici, arriva l’identikit dell’uomo che ieri pomeriggio ha ucciso la madre, a passeggio con il nipote. «Si è fatto venti anni di carcere», continua il figlio, «è un tossicodipendente, prende la pensione sociale, gli hanno comprato persino la carrozzina elettrica per andare in giro ma non è invalido». Poi, passa al piano organizzato per uccidere l’ex moglie. «Lui sapeva tutto, mia madre a quell’ora andava sempre a portare a spasso i cani». E così l’incontro in piazza con l’ex moglie e il nipotino Antonio. Un colpo uccide la donna, l’altro sfiora il nipotino. «Ha sparato due colpi: uno lo ha puntato verso mia madre, poi ha aggiustato un po’ la mira e ha puntato a mio figlio. Poi ha detto che ne avrebbe dovuto fare altri due: io e la mia compagna. Oggi qui poteva accadere una strage». Una strage preannunciata. «E tutto questo perché dieci anni fa ho denunciato di quell’arma e nessuno ha fatto niente. Questa cosa non deve finire così. Io andrò in fondo. Mia madre, dopo tutto quello che gli ha fatto, si è stufata e lo ha lasciato. Ha sopportato tutto, ma non di vederlo tornare a casa sempre ubriaco. Lui ultimamente è stato anche male, ha avuto un tumore all’intestino, e mia madre è stata la prima a correre».

Ieri mattina, prima della tragedia, Camillo ha provato ancora una volta a far ragionare il padre, provando a mettere da parte il passato. «Avevo parlato con lui, gli ho detto che nonostante tutto quello che aveva fatto noi lo avevamo perdonato». Parole rimaste inascoltate.

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