Tragedia Rigopiano, l’Appello bis domani a Perugia: per 4 c’è già la prescrizione

Ventinove morti sotto la valanga. La Cassazione tira in ballo funzionari e dirigenti della Regione Abruzzo, prima assolti e ora accusati di disastro per la mancata adozione della carta valanghe. Scaduti invece i tempi per il reato di omicidio colposo
PESCARA. Da domani, con l’avvio del processo di Appello bis, si torna a parlare del disastro di Rigopiano del 18 gennaio 2017, quando una valanga spazzò via un intero albergo lasciando sotto le macerie 29 morti e nella disperazione le famiglie che ora tornano a sperare di ottenere giustizia.
ENTRANO I REGIONALI Se ne torna a parlare da domani nell’aula della Corte d’Appello di Perugia dove i giudici della Corte di Cassazione, con una sentenza a sorpresa, hanno spedito tutti gli atti dopo che lo scorso dicembre hanno annullato la decisione di secondo grado della Corte d’Appello dell’Aquila, riesumando la posizione di sei regionali che negli anni ebbero a che fare con la Protezione civile regionale. Assolti nei primi due gradi di giudizio, ora sono chiamati a rispondere di disastro colposo, unico reato che ancora sopravvive. Sono Carlo Giovani, Carlo Visca, Emidio Primavera (tutti funzionari regionali), e dei dirigenti della Regione Abruzzo Vincenzo Antenucci, Sabatino Belmaggio e Pierluigi Caputi.
PRESCRIZIONE PER GLI ALTRI 4 La Cassazione ha poi annullato le sentenze di condanna per l’ex sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, per il tecnico dello stesso Comune, Enrico Colangeli, dell’allora dirigente della Provincia Paolo D'Incecco e dell’ex responsabile viabilità dello stesso Ente, Mauro Di Blasio. Ma comunque per tutti e quattro il processo di Perugia è praticamente già finito prima di cominciare, in quanto il reato di omicidio colposo del quale devono rispondere è ormai prescritto da qualche mese: il processo potrebbe andare avanti solo per chi di loro dovesse decidere di rinunciare alla prescrizione.
AL CENTRO LA CARTA VALANGHE Ed ecco che il tema centrale di questo appello bis è lo stesso che invece è stato assente in questi otto anni di battaglia giudiziaria: la mancata realizzazione della carta pericolo valanghe. Un punto sul quale la procura di Pescara (con il procuratore Giuseppe Bellelli e i sostituti Andrea Papalia, ora alla distrettuale aquilana, e Anna Benigni) si è sempre spesa per mettere in primo piano quello strumento che avrebbe potuto evitare il disastro. Un aspetto non tenuto in conto nel primo e nel secondo grado di giudizio, tanto che i sei regionali sono stati sempre assolti. Ma poi è arrivata la Cassazione a puntare il dito su quella Carta prevista da una legge regionale del 1992, ma mai nata. Se ci fosse stata, questo ha sentenziato la Cassazione con la sua decisione, l’hotel non sarebbe mai stato ampliato, oppure sarebbe stato chiuso d’inverno o la montagna sarebbe dovuta essere messa in sicurezza con le adeguate paratie. E quel 18 gennaio 2017 l’hotel o non sarebbe stato in funzione in quei giorni di neve e di scosse di terremoto, oppure sarebbe stato evacuato e la strada, l’unica che portava all’hotel e dunque l’unica via di fuga, sgomberata. Ma quella mattina del 18 la strada non era percorribile, mentre in Abruzzo era in corso una vera e propria emergenza maltempo con interi paesi isolati dove, tra blackout e riscaldamenti bloccati per la mancanza di elettricità, avevano fatto già tre morti e quindi i mezzi (quello di Farindola era rotto dal 6 gennaio) vennero indirizzati altrove. Questioni ampiamente affrontate nei vari gradi di giudizio in relazione a quel reato di omicidio colposo plurimo ormai svanito con la prescrizione.
IL DISASTRO COLPOSO Resta invece di attualità quel disastro colposo mandato in “archivio” da tutti, meno che dai giudici romani. E quindi ora si torna a quella Carta delle valanghe che la Regione era chiamata a fare da una legge di 25 anni prima.
38 PARTI CIVILI E la sentenza della Cassazione è stata naturalmente accolta come un sollievo morale e psicologico per i familiari stremati da otto anni di battaglie giudiziarie. Ma è stata anche una opportunità per i legali delle parti civili, perché questo nuovo processo apre scenari interessanti in ambito civilistico. Ed è per questo che lo schieramento di parti civili è imponente davanti ai giudici di Perugia. Per quanto riguarda i familiari delle vittime e dei superstiti le parti civili costituite sono 38, alle quali si aggiungono ministero della Giustizia, Regione Abruzzo, Comune di Farindola, Provincia di Pescara, Acu Abruzzo, Inail, Anmil, Codacons e Associazione Cittadinanza Attiva.
DISCUSSIONE IN AULA Per questo processo la Corte di Perugia ha deciso anche per la discussione orale: vale a dire che ognuno depositerà le proprie memorie, ma avrà anche la possibilità di discutere oralmente il processo.
I TEMPI Ecco quindi che i tempi potrebbero allungarsi tanto è vero che la Corte, anche se non è ufficiale, avrebbe intenzione di fissare una o più udienze a settimana. Domani, salvo diversa decisione della Corte, si inizierà con la relazione del giudice relatore che ricostruirà sinteticamente i fatti e poi si dovrebbe passare alla discussione della procura generale. Soltanto dopo, la Corte dovrebbe stilare il calendario per le prossime udienze. E dunque ci siamo.
IL TERREMOTO E LA VALANGA Dopo la sentenza di primo grado con il rito abbreviato di Pescara del 23 febbraio del 2023; dopo la decisione della Corte d'Appello dell'Aquila del 14 febbraio 2024; e dopo la sentenza della Cassazione del 3 dicembre 2024, ecco che si torna in aula a parlare di quell'“evento complesso”, come venne definito dai consulenti di Pescara, composto da condizioni meteo straordinarie, dove si registrarono 524 scosse di terremoto in 24 ore che potrebbero essere state una concausa della valanga: una sorta di tempesta perfetta della quale ora dovranno occuparsi i giudici della Corte d'Appello di Perugia.
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