LA STRADA DELLE RIFORME È IN SALITA

La Seconda è finita peggio della Prima. Una Repubblica sempre più sfibrata. Se le monetine lanciate contro Craxi fotografarono un sistema di potere decrepito, l'espulsione dal Parlamento di Berlusconi ci impone di fare i conti con la corruzione fattasi metodo di governo in continuità inquietante. Per vent'anni. Anche se il Cavaliere decaduto non sarà più senatore né potrà ricoprire cariche pubbliche per i prossimi sei anni -per un minimo decoro delle assemblee sovrane più che per obbligo di legge - tuttavia i suoi insegnamenti non verranno rapidamente dimenticati. La politica come eccesso; il consenso come impunità; il disordine nei comportamenti privati come in quelli pubblici. Esce dall'aula di Palazzo Madama, ma non dalla scena.

Gli uomini di Stato sanno quando è giunto il momento di farsi da parte affinché la loro eredità politica non vada dispersa. Ma non è questa la cifra dell'uomo di Arcore. Spregiudicato, indomito, lo rivedremo presto nella parte che sa meglio interpretare: l'animatore di campagne elettorali. La prossima nella primavera del 2014 per le Europee: la vendetta cova nell'urna. Avesse governato con la stessa dedizione con cui in ben sei tornate elettorali, dal 1994 al febbraio scorso, ha convinto milioni di italiani a votarlo, l'Italia sarebbe diversa. La colpa esclusivamente politica - di Berlusconi è di aver disatteso le speranze suscitate nell'elettorato che, scegliendo il centrodestra, credeva di rinnovare il paese. La rivoluzione liberale - giusta e opportuna quando le risorse c'erano e l'economia teneva - si è trasformata in una involuzione illiberale. Furono più di 16 milioni e mezzo i voti raccolti da un centrodestra per la prima volta unito intorno a un leader emergente in quel lontano inverno di venti anni fa.

Ridotti a meno di dieci milioni nove mesi fa. Un'idea d'Italia mortificata. Partiti e coalizioni per nulla paragonabili alle forze moderate e conservatrici al governo nel resto d'Europa, con la Merkel, Cameron o Rajoy. Che riesca poi alla formazione ministeriale di Alfano, Lupi e Quagliariello dar corpo, idee e passione a un nuovo centrodestra è tutto da vedere. Insomma, una destra repubblicana, costituzionale, europea. La destra che non c'è e che finora non c'è mai stata. Sarebbe utile persino per la sinistra, finalmente liberata dal peso dell'antiberlusconismo.

Speculare alla destra che non c'è, dunque, è la sinistra che non c'è. In bilico tra il conservatorismo degli apparati, la difesa di identità smarrite, gli impulsi della rottamazione, gli opportunismi locali. Sarà Matteo Renzi, verosimilmente, il vincitore l'8 dicembre del congresso aperto. Piaccia o meno, è una svolta generazionale e culturale. Tuttavia il sindaco di Firenze si assume un grande rischio: o dà immediati segnali di cambiamento all'interno del Pd, oppure il suo carisma di leader nazionale si offusca rapidamente.

Come affidare l'opera di rinnovamento di una nazione a un politico che non sa mettere mano ai tanti difetti e ai troppi errori del suo partito? Questa è l'insidia per Renzi. Che lo spingerà a premere sull'esecutivo affinché finalmente vari qualche provvedimento significativo in politica economica e sociale. Per ora è già difficile tenere in piedi questo governo, con i pasticci che si porta appresso. Imbarazzante il balletto sull'Imu. Letta si considera più forte dopo l'uscita di Forza Italia dalla maggioranza e l'approvazione in Senato della legge di stabilità: 171 voti, una base considerata ampia rispetto alla soglia minima di 161 seggi. Napolitano gli ha imposto un nuovo passaggio parlamentare con un rinnovato voto di fiducia. Dalle larghe intese ai separati in casa. Quanto reggerà la coppia Letta-Alfano? . L'abolizione dello scandaloso Porcellum è il segnale che tanta parte di opinione pubblica si aspetta. La strada verso la Terza Repubblica è tutta in salita.

Luigi Vicinanza

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