Pescara

L’affare delle marmellate. Bancarotta, evasione e riciclaggio: chiesto il processo per cinque

22 Settembre 2025

Sott’accusa l’imprenditore pescarese Mario Bartoccini, il fratello e altri 3. Nel mirino della Guardia di Finanza “distrazioni” di quote societarie (la più importante “Casitalia”) e macchinari per milioni di euro

PESCARA. C’è la richiesta di processo per l’ex re delle marmellate, Mario Bartoccini, pescarese di 60 anni, che nell’aprile dello scorso anno fu arrestato nell’ambito dell’operazione delle Fiamme gialle denominata “In a Jam” (“nella marmellata”), con l’accusa di bancarotta fraudolenta (con distrazione di oltre cinque milioni e mezzo di euro), evasione fiscale per circa quattro milioni e mezzo di euro, e riciclaggio.

SOTT’ACCUSA IN CINQUE A firmare la richiesta di rinvio a giudizio è la pm Fabiana Rapino: provvedimento che riguarda, oltre a Mario Bartoccini, anche suo fratello Alessandro, Marisella Di Nardo, Bice Malandra (la prima, amministratrice di fatto, e la seconda di diritto, della Miritaly) e Katia Ferrarini. Le accuse della procura (a vario titolo contestate agli imputati) sono dettagliate e si rifanno alle meticolose indagini svolte dalla guardia di finanza, supportate dalla puntuale relazione della curatela di Casitalia spa, uno dei marchi più noti del gruppo, che faceva capo all’imputato principale di questa vicenda giudiziaria e che aveva sede a Collecorvino.

L’ACCUSA In uno dei capi di imputazione si legge a chiarimento che «Alessandro Bartoccini, quale rappresentante della D.I. Alimentare (di fatto amministrata da Mario Bartoccini), Mario Bartoccini, amministratore di Casitalia spa, avente quale oggetto sociale produzione e confezionamento di prodotti alimentari, per la quale veniva dichiarata l’apertura della liquidazione giudiziale, con passivo accertato di 11 milioni e 197mila euro, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori e di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, distraevano...».

LE “DISTRAZIONI” E qui l'elenco è piuttosto lungo e parte dalla distrazione «dei cespiti aziendali, mediante cessione di marchi e royalties (Casale Matilda, Natur Frutta, Casa Giulia, Casa Giulia Albicocche, Agavita, Villa Giorgia e Dama Leone) per un valore contrattualmente definito di 3 milioni e mezzo di euro, e di impianti e macchinari per un milione di euro, alla società D.I. Alimentare srl, amministrata formalmente da Alessandro ma di fatto dal fratello Mario».

MARCHI NOTI Il settore, come si comprende dalla lettura dei marchi, è quello del confezionamento di marmellate dove i fratelli Bartoccini avevano messo su un piccolo impero con società e brand conosciuti a livello nazionale e internazionale. Con “Casa Giulia”, uno dei marchi più noti, Mario sarebbe entrato ad esempio nella Pescara Calcio, ma anche nel giro dei rifornitori che curano i rinfreschi vip della nazionale azzurra. Un giro di affari importante che aveva permesso ai fratelli Bartoccini di accreditarsi presso i canali, nazionali ed esteri, della grande distribuzione.

ANCHE IL RICICLAGGIO Stando a quanto accertato dall’inchiesta, Mario avrebbe svuotato le società indebitate e in liquidazione giudiziale dei beni aziendali, simulandone la cessione con falsi contratti, a una catena di partner produttivi (anche aziende controllate in Campania e Molise), con sede nel Chietino, nel Molisano e nella circoscrizione partenopea, riconducibili a Mario. Fra i reati contestati (ai due fratelli e a Marisella Di Nardo, amministratrice della Miritaly) c’è anche quello di riciclaggio per aver reimpiegato, in concorso fra loro, «le somme distratte dalla D.I. Alimentare in favore della D.I. Alimentare International, agli stessi fratelli riconducibile, avente sede in Romania, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa».

IL GIRO DI SOLDI Si parla di 200 mila euro di credito di imposta della D.I. Alimentare, 40 mila dei quali trasferiti alla D.I. Alimentare International; oppure di aver distratto la disponibilità finanziaria di circa 100mila euro della D.I. Alimentare in favore di Di Nardo: soldi versati sul conto di quest’ultima che poi avrebbe «girato 5.000 euro in favore della D.I. Alimentare International mediante bonifico con causale “restituzione (c/c Lituania)”».

LA PAROLA AL GIUDICE Insomma, una serie di intricati giri societari secondo quanto ricostruito dall’accusa, che portarono gli inquirenti a disporre anche un sequestro preventivo di un complesso di beni (tra conti correnti, macchinari, attrezzature e quote societarie) per quasi 6 milioni di euro. Una vicenda che passa adesso all’attenzione del gup Anna Fortieri, chiamata ora a valutare la richiesta di processo della procura di Pescara a carico dei cinque imputati.

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