I primi affari messi a segno dalla società Ad Maiora, poi il via alle operazioni in contanti ritenute sospette dagli inquirenti

Le compravendite milionarie dei Granatiero

Dal 2002 ecco tutti gli investimenti effettuati in città dalla famiglia di Manfredonia

PESCARA. E' il 14 ottobre 2002, quando la «Ad Maiora snc» con sede in via Ravenna 7, all'epoca amministrata da Pasquale Granatiero, acquisisce il Bar delle Poste per 85 mila euro. E' l'inizio di una storia lunga 9 anni tra i Granatiero e Pescara. Un anno dopo, la stessa società compra il Bar pasticceria Jolly di Rosanna Angelone, in via Venezia 27, per 165 mila euro, e il locale Piano Terra in corso Manthoné 73 per 284 mila euro, struttura che gli imprenditori ristrutturano per 240 mila euro.

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Per fare fronte agli investimenti, i Granatiero ottengono un mutuo bancario di 140 mila euro, con cui saldano 90 mila euro. Per il resto, accusa il gip Maria Michela Di Fine, pagano con denaro di provenienza sconosciuta «da ritenersi, certamente, delittuosa per l'entità complessiva delle somme impiegate, non riconducibili a redditi dichiarati o a quelli da attività commerciale».

Le somme, accusa il gip, vengono in parte fatte transitare sul conto societario della Ad Maiora e attraverso la formula dei "crediti diversi" fatte apparire come se la società avesse riscosso crediti in contanti, ricavi di attività commerciali.

Il trucco, sempre secondo la procura, consente di movimentare 208 mila euro. A gennaio 2004, la Ad Maiora prende in affitto il laboratorio di pasticceria di via Sicilia 34. A ottobre 2005, il Bar delle Poste viene ceduto alla neonata Carol Caffè di Lucia Granatiero dove viene fatto confluire denaro contante per 131 mila euro, somme, accusa il gip «non aventi alcuna attinenza con i rapporti commerciali con clienti o fornitori».

Il 24 novembre 2005, viene fatta costituire la srl Caffè Venezia da Anna Brigida, moglie di Sebastiano Granatiero, e Severino Prato, marito di Lucia Granatiero, società alla quale, lo stesso giorno, viene venduto il Bar Jolly di via Venezia: il 6 agosto 2007, la stessa srl acquista il ramo di azienda di viale Regina Margherita 14-18 (Caffè Venezia).

Nel 2005, secondo l'accusa, viene effettuata la ricapitalizzazione, per il tramite dei soci, della Caffè Venezia srl mediante apporto di denaro per 440 mila euro ritenuto di provenienza delittuosa, riqualificato come reddito di impresa mediante la restituzione ai soci Prato e Antonia Grieco, madre di Pasquale Granatiero, di 196 mila euro. Nello stesso anno, si procede a un'ampia ristrutturazione del Bar Jolly mediante apporto di contante per ulteriori 600 mila euro, anch'essi ritenuti sospetti.

Iniezioni di denaro contante si verificano anche in altre occasioni fino a quando, tra il 2006 e il 2009, vengono contratti mutui bancari per 2 milioni e 632 mila euro, dice il gip, «al solo fine di occultare la disponibilità di denaro contante che, soltanto, poteva giustificare una simile esposizione, non fronteggiabile con i ricavi di impresa».

Il 6 settembre 2008, tramite Giuseppe Prencipe, vengono acquisite le quote della Silvia Srl e a essa viene ceduto in affitto il ramo di azienda del Caffè Venezia di viale Regina Margherita, dice il gip «al solo scopo di imputare i ricavi di quest'ultimo a una società non indebitata con le banche», la Silvia srl appunto, che subito dopo li trasferiva alla Caffè Venezia srl attraverso la sitematica emissione di fatture per operazioni inesistenti per un importo di quasi 922 mila euro.

Quindi, risolto il contratto con la Silvia srl, veniva ceduta la locazione del Caffè Venezia srl alla Granatiero ristorazione srl, costituita il 24 maggio 2010. In questo modo, sostiene il gip, venivano riversati su quest'ultima società i ricavi (reali o apparenti) dell'attività di ristorazione del Caffè Venezia srl.

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