Ma c’è chi sostiene che non sia così: ecco le tesi del regista abruzzese Alessio Consorte
C'è chi ritiene che non sia così. E fornisce un'interpretazione differente. Alessio Consorte, che ha prodotto il documentario "Il guerriero mi pare strano", durante le riprese del suo film, ha messo...
C'è chi ritiene che non sia così. E fornisce un'interpretazione differente. Alessio Consorte, che ha prodotto il documentario "Il guerriero mi pare strano", durante le riprese del suo film, ha messo in evidenza alcune incongruenze nell'epigrafe che compare sulla statua, tra cui lettere capovolte, specchiate e multi-direzionali. In particolare, avrebbe notato «anomalie nella parola Anins, presunto nome dello scultore, dove le lettere "N" appaiono dirette in senso opposto rispetto al resto della scrittura, mentre la "A" risulta completamente specchiata. Un'altra "N" appare capovolta nello stesso testo, precisamente la "N" di "Nevii" (Nevio, il re). Secondo Consorte, «queste peculiarità potrebbero essere indizi di una manipolazione linguistica: un adattamento della scrittura da parte di falsari, che avrebbero creato una lingua "losca", volutamente alterata per stabilire un collegamento fittizio con l'antica lingua osca». Quanto alla parola "Raki", invece di significare re, Consorte sostiene che «indichi semplicemente una bevanda alcolica tradizionale, simile alla grappa, conosciuta nel Mediterraneo già nell'antichità. È chiaro che il falsario abbia giocato con mere mistificazioni, traendo spunto dalla parola greca Paki (Raki), semplicemente cambiandone la direzione di scrittura», commenta il regista, «nel VI secolo a.C., l’attuale territorio abruzzese era già ben integrato nel contesto culturale della Magna Grecia. Le città italiche come Isernia e Benevento erano piuttosto vicine a Cuma e Napoli, città greche, e i contatti culturali tra queste popolazioni avrebbero reso impossibile utilizzare in modo inappropriato un termine che proviene dalla Grecia antica». (m.p.)