MALEDETTA TIMIDEZZA

12 Maggio 2013

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"Leggimi" recita il foglio piegato in quattro tra le mie mani. Lo inserisco nella tasca posteriore dei jeans e prendo le chiavi dello scooter. Le rigiro nel palmo, le soppeso come fossero diamanti grezzi, le poggio nuovamente. Ripeto il movimento al contrario, la mano nella tasca cerca il foglietto strappato dall'agenda: 4 febbraio, lunedì, san Gilberto; nonché compleanno di Alessandra, ex dimenticata ma non cancellata (non si cancellano mai, malgrado gli sforzi, certi stupidi indelebili ricordi). L'ho scelta apposta quella pagina, sradicata con la forza di una inutile vendetta come a suo tempo l'albero dal quale è stata ricavata.

"Leggimi". Apro il foglio e obbedisco.

"Ciao! Ci siamo incrociati mentre scendevi dalla macchina, io avevo una camicia azzurra e gli occhiali da sole.

Di solito non lascio biglietti alle ragazze sul vetro della loro macchina ma ho pensato che sei troppo carina e che non ti avrei rivista mai più. E invece mi piacerebbe conoscerti! Mi chiamo Mauro e sono un bravo ragazzo…

Se sei fidanzata, scusami e butta pure questo foglio.

Se invece non lo sei, contattami al 340.3467204.

Spero di sentirti. Ciao".

Una domenica calda. La giacca di pelle, ormai fuori luogo, riposa sul sedile della mia Alfa che riflette altezzosa, come una principessa ribelle, i raggi del sole sul suo nero lucido.

Esco soddisfatto dal centro commerciale, attento a non rompere il minareto portacandele in ceramica che trasporto come una reliquia da santo patrono. La luce mi investe donandomi un'aura luminosa simile alle dive della domenica sera in tv, gli occhi nascosti dietro lenti scure e fascinose. Il passo è baldanzoso e deciso. Finché non ti vedo.

Come nei film, qualcuno in sala regia rallenta la pellicola e il tempo quasi si ferma, un istante nel quale le nostre strade si incrociano, i nostri sguardi si cercano e i nostri respiri si allineano. Sei appena scesa dalla tua Smart e stai per entrare nel gigantesco fabbricato alle mie spalle. E sei bellissima. I tuoi lunghi capelli scuri e lisci, il tuo corpo tornito, la tua pelle rosea, il tuo incedere sicuro ma dolce, le tue labbra, il tuo corpo, i tuoi occhi… Sono già follemente innamorato del tuo apparire, mi piacerebbe insinuarmi nel tuo essere.

Vorrei dirtelo, fermarti e chiederti qual è il tuo nome e se posso rivederti. Ma, naturalmente, taccio mentre lo slow motion svanisce. Il rumore e il moto del mondo ricominciano e, anche se indugio ancora sul movimento dei fianchi, tu sei ormai oltre me.

"Scrivile un messaggio e lascialo sul parabrezza" suggerisce la mia mente mentre cammino. Entro in macchina e appoggio piano il miniminareto. "Ma che idea stupida, vai a casa". Metto in moto ed imbocco la rampa di uscita. "Stai lasciando andare la donna della tua vita". Costeggio l'edificio e rientro. "Cosa fai? Non sono cose da te… e poi cosa le scriveresti?" Esco di nuovo e mi avvio verso casa. "Che carini, come vi siete conosciuti?" "Lui ha fatto una pazzia!"

Apro la porta d'ingresso, sono deciso. Strappo la pagina, scrivo il messaggio, piego il foglio, prendo le chiavi, esito, rileggo, esco di casa, torno lì e mi fermo a tre metri dalla Smart color Tiffany. Col foglio in mano fisso il parabrezza, l'assicurazione, i tergicristalli: la mia meta.

"Ti pare che una ti richiama leggendo un biglietto?"

"Ma il biglietto non è offensivo…"

"E invece potrebbe offendersi e insultarti!"

"Non la rivedrò mai più!"

"Quante persone conosci che si sono fidanzate così?"

"Nessuna…" rifletto, mentre l'aria mite della domenica mi accompagna verso casa e quel foglio in tasca pesa quanto un macigno prodotto da rinunce e fughe.

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