Mascia, ultimatum a Teodoro

l sindaco: «Entro il 31 soluzione politica o il dirigente lo nomino io»

PESCARA. «Se Teodoro non si farà sentire entro il 31 dicembre, in quel giorno nominerò un dirigente ad interim che potrebbe essere Alessandro Salvati. Se invece l’assessore manifesterà la volontà di continuare, concorderemo insieme un nome per i lavori pubblici».

Il sindaco Luigi Albore Mascia è il titolare, dalla vigilia di Natale, delle deleghe ai Lavori pubblici e alla Polizia municipale. L’assessore Gianni Tedoro con una lettera inviata nel tardo pomeriggio del 23 ha rimesso infatti le sue deleghe - tra cui anche quelle alle Grandi infrastrutture portuali ed aeroportuali, al Demanio marittimo, alla Manutenzione dell’arredo e del verde urbano e alla Realizzazione dei programmi in accordo con i Comuni limitrofi - nelle mani del sindaco. Spogliandosi, quindi, dei suoi incarichi ma restando assessore. «E che fa adesso Teodoro?» si domanda Moreno Di Pietrantonio, ex assessore al Turismo e ai Grandi eventi e oggi consigliere del Pd, «Prende lo stipendio senza fare nulla?».

Il 23 dicembre, Teodoro ha inviato una lettera a Mascia: tre righe scarne per consegnare le sue deleghe con la motivazione di un «patto non rispettato». In posta prioritaria, anche le dimissioni di Massimiliano Pignoli dalla vicepresidenza del consiglio e di Vincenzo Di Noi dalla presidenza del commissione commercio. Perché? Antonio Biase, dirigente ai Lavori pubblici, era stato l’oggetto di un accordo in tre punti stipulato il 15 luglio scorso tra Teodoro e il sindaco: l’architetto Biase doveva essere nominato dirigente ai lavori pubblici; alla scadenza del suo contratto, il 31 dicembre, avrebbe dovuto essere riconfermato per altri sei mesi per avere diritto al pensionamento e, infine, avrebbe dovuto essere sostituito da una persona indicata da Teodoro stesso.

Il sindaco, invece, come ha già chiarito alcuni giorni fa e come ribadisce anche nel giorno di Santo Stefano dice: «Biase andrà via il 31 dicembre».
«E’ una questione di lealtà e di rispetto», dice Teodoro che in questi giorni di feste non ha parlato con il sindaco. «Biase sente di aver fatto bene il suo dovere, è a posto con la coscienza. E’ uno dei migliori dirigenti, riconosciuto come tale anche dal sindaco. Mi era stato promesso che avrebbe continuato il suo incarico anche dopo il 31 dicembre e invece il patto non è stato rispettato».

«Vengono prima l’onore e i rapporti di amicizia ed è per questo che ho consegnato le dimissioni», aggiunge Pignoli, non più vicepresidente del consiglio vicario ma consigliere della Lista Teodoro. Dall’altro lato, c’è Mascia che ostenta tranquillità e voce ferma: «Il problema amministrativo procede di pari passo con quello politico. Prima bisogna risolvere quest’ultimo e, poi, si scioglierà il nodo del dirigente che vorrei cercare di concordare con Teodoro perché penso che sia giusto trovare un dirigente con cui possa lavorare bene. Se l’assessore non si farà sentire, il 31 nominerò un dirigente temporaneo, all’interno del Comune, o Alessandro Salvati o Luca Maria Lucente.

Se invece la questione politica si risolverà, penseremo insieme anche il nome di un dirigente». Quello che preme a Mascia è comunque chiarire che «tutti sono sostituibili, eccetto il sindaco per cui decidono i cittadini. E, comunque, per legge, i dirigenti li nomino io».
Quella tra Teodoro e Mascia è una diatriba che parte da lontano, da quando Teodoro ha accettato di entrare in giunta il 15 luglio scorso, con una settimana di ritardo rispetto alla nomina degli altri assessori e cedendo alle lusinghe di «deleghe pesanti», com’erano state chiamate, quelle ai Lavori pubblici e alla Polizia municipale. Vista dall’opposizione, la crisi è «un inutile attaccamento alle poltrone che dimostra la pochezza dell’amministrazione», come dice l’esponente del Pd, Stefano Casciano.

Di Pietrantonio, conclude: «Teodoro ambisce alla repubblica autonoma di Teodoro, perché non è scritto da nessuna parte che un assessore possa nominare un dirigente, che è di competenza del sindaco. Il patto? Se c’è stato, dimostra che è arrivato al capolinea, che non ha resistito alla prova del tempo».