Morosini, la fidanzata esclusa dal processo: non verrà risarcita

2 Dicembre 2014

Morte all’Adriatico, tre medici accusati di omicidio colposo. Il giudice non ammette la ragazza del calciatore tra le parti civili

PESCARA. Si era precipitata a Pescara quando, il 14 aprile 2012, il suo fidanzato Piermario Morosini era stato colto da un malore mentre giocava a calcio. Anna Vavassori, originaria di Bergamo e all’epoca giovane pallavolista di 24 anni, stava costruendo un futuro con il calciatore del Livorno stroncato all’Adriatico durante la partita contro il Pescara, eppure quel legame sentimentale non è stato riconosciuto dal codice di procedura penale. Non è stato sufficiente a far entrare la giovane nel processo e a chiedere, quindi, di essere risarcita per la morte del suo fidanzato.

[[(standard.Article) Morte Morosini, i medici si discolpano

E’ cominciato ieri mattina il processo ai tre medici finiti sotto accusa per la morte di Morosini e, in un’oretta, il giudice del tribunale monocratico Valentina Battista ha affrontato le questioni preliminari valutando le eccezioni presentate dagli avvocati dei tre imputati: il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini, il medico del Pescara Ernesto Sabatini e il medico del 118 in servizio quel giorno allo stadio Vito Molfese.

E’ stata la difesa di Porcellini, rappresentato dagli avvocati Massimo Girardi e Gabriele Rondanina, a chiedere di “estromettere” la costituzione di parte civile della ragazza perché non era stato indicato il rapporto che Vavassori aveva con il calciatore. Dopo essersi ritirata, il giudice Battista ha accolto l’eccezione della difesa dichiarando inammissibile la costituzione di parte civile di Vavassori e, quindi, la ragazza non farà parte del processo.

E’ stata rigettata invece la richiesta di nullità del capo d’imputazione sollevato dall’avvocato Alberto Lorenzi, difensore di Molfese. L’eccezione è stata respinta perché, secondo il giudice, il fatto addebitato a Molfese risulta idoneamente specificato. In aula, si tornerà il 12 gennaio 2015 alle 9 quando verrà valutata la richiesta del difensore di parte civile della sorella di Piermario Morosini, Maria Carla, di ammissione dei responsabili civili e, in quell’occasione, verranno fissati i termini per chiamare in causa le compagnie di assicurazione. Dopo l’udienza del 12 gennaio, il processo entrerà nel vivo con la deposizione dei testimoni chiamati dal pm Valentina D’Agostino iniziando dagli investigatori della Digos, i medici del 118 e i periti che, nella relazione, avevano stabilito che, fatta certa la causa della morte per cardiomiopatia aritmogena non riscontrabile con i normali esami clinici sportivi, l’uso del defibrillatore «avrebbe dato qualche chance in più di sopravvivere» al calciatore.

La tesi sostenuta dal pm che, nel marzo 2014, nel chiedere il rinvio a giudizio dei tre medici aveva ripetuto in aula che il defibrillatore era in campo e doveva essere usato.

©RIPRODUZIONE RISERVATA