L'INCHIESTA A PESCARA

Muriana, nessuna calunnia: cade l’accusa su Rigopiano 

I pm: «L'ex capo della squadra mobile non agì con dolo, fascicolo da archiviare». Ma l’ultima parola spetta al gip

PESCARA. La procura di Pescara ha deciso di chiedere l'archiviazione nei confronti dell'ex capo della squadra mobile, Pierfrancesco Muriana, finito sotto inchiesta per calunnia a seguito di un suo esposto contro tre carabinieri forestali che indagarono sulla tragedia di Rigopiano. Il procuratore Anna Rita Mantini e il sostituto Luca Sciarretta, il 3 settembre scorso hanno predisposto dodici pagine di richiesta di archiviazione che adesso dovrà essere trasmessa alla parte offesa, per una eventuale opposizione, e al gip che dovrà decidere se confermare ono la decisione della procura.


Un epilogo quasi annunciato per una vicenda molto delicata in quanto apriva una sorta di guerra tra istituzioni che non aveva precedenti, che fece finire Muriana sotto inchiesta per aver accusato ingiustamente i militari forestali di aver falsificato un documento relativo alle indagini sui 29 morti dell'hotel: questione che fu già oggetto di archiviazione nei loro confronti in quanto venne accertato che agirono correttamente.
Da qui la denuncia di calunnia ora archiviata, almeno per quanto riguarda la procura. Diciamo subito che i magistrati hanno riunito in questa loro decisione due esposti contro Muriana: uno relativo all'accusa di depistaggio, presentato da Alessio Feniello e dal carabiniere Michele Brunozzi, uno per calunnia stilato, sempre per conto del militare, dal suo legale, l'avvocato Monica Passamonti.
Dodici pagine di motivazioni per spiegare in sostanza che da parte di Muriana non ci fu alcun dolo. E per farlo i magistrati avrebbero riportato anche dei passi dell'interrogatorio tenuto in procura da Muriana nel luglio scorso, dopo che lo stesso aveva tentato il suicidio, con il gas di scarico dell'auto. Era il 17 giugno scorso quando i suoi legali, gli avvocati Augusto La Morgia e Marco Spagnuolo, lo attendevano in procura insieme ai pm per l'interrogatorio relativo all'accusa di calunnia.
Muriana li fece attendere invano e soltanto un'ora più tardi si seppe del tentativo di suicidio. L'attuale dirigente della mobile di Manfredonia rimase in ospedale per diversi giorni per poi passare a casa un lungo periodo di convalescenza fino a quando, il 23 luglio, decise di sottoporsi a interrogatorio. La sintesi della motivazione di archiviazione sta nel fatto che Muriana, secondo i magistrati e in base a quanto da lui riferito e dalle verifiche svolte, nel redigere quell'esposto contro i carabinieri forestali, avrebbe agito inspiegabilmente perché si trovava in uno stato di prostrazione per motivi diversi, anche familiari: si sentiva in sostanza al centro di un complotto, e dunque in uno stato mentale molto particolare.
All'epoca dei fatti, ma anche prima, sempre secondo quanto sosterrebbe la procura, Muriana sarebbe stato in cura da uno psicoterapeuta per superare quello stato di confusione che lo affliggeva. Da qui il non poter aver agito con dolo nell'accusare di falso i tre militari. L'accusa di depistaggio, invece, era stata mossa sia da Feniello sia dallo stesso Brunozzi in relazione alle indagini svolte da Muriana in Prefettura (per le quali aveva ricevuto una specifica delega dalla procura). Secondo i denuncianti, quelle indagini sarebbero state lacunose perché il dirigente non avrebbe acquisito i brogliacci con le telefonate di aiuto del cameriere dell'hotel (Gabriele D'Angelo, una delle 29 vittime) arrivate qualche ora prima del disastro, acquisite invece molti mesi dopo dai carabinieri forestali che svelarono così il procedimento di depistaggio.
Per la Procura, comunque, Muriana avrebbe agito bene e sicuramente non era d'accordo con i due vice prefetti (Salvatore Angieri e Sergio Mazzia) oggi sotto processo per depistaggio. ù

Il dirigente aveva richiesto ufficialmente quei brogliacci e furono i due vice prefetti a non consegnarli: aspetto che peraltro non venne neppure evidenziato nell'informativa dei carabinieri forestali. D'altronde la questione del depistaggio era già stata valutata dai magistrati quando chiusero l'inchiesta su Rigopiano e decisero di non coinvolgere Muriana anche se c'era stata una intercettazione telefonica tra i due vice prefetti che lo chiamava in causa, e quindi la procura non avrebbe mai potuto confutare le sue stesse decisioni.
Muriana, così come altri rappresentanti delle forze dell'ordine che indagarono su Rigopiano, venne sentito per indagine difensive dai legali di uno dei principali imputati del processo, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. Fu proprio quello stesso giorno che, uscendo dallo studio legale, Muriana si recò in questura a Pescara, dove non prestava più servizio, per svolgere sue indagini private e stilare, su carta intestata della squadra mobile di Pescara, quelle ingiuste accuse contro i carabinieri forestali. Da lì poi l'intervista delle Iene e l'escalation che portò Muriana a tentare il suicidio.

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