Negozi e abitazioni sulle aree di risulta, no degli architetti

Palladini, presidente dell’Ordine professionale interviene nel dibattito sul futuro dell’ex stazione: "La città ha metabolizzato il vuoto urbano e non accetterebbe nuove costruzioni"

PESCARA. «La città ha ormai metabolizzato il vuoto urbano che da anni caratterizza le aree di risulta. Io sono dell'idea di mantenerlo». A parlare così è il presidente dell'Ordine degli architetti Massimo Palladini. Il responsabile dell'organizzazione professionale è intervenuto nel dibattito che si sta alimentando in questi giorni, da quando cioè è stata ufficializzata la notizia della scadenza del vincolo decennale che impediva di costruire abitazioni e negozi nel terreno di 12,8 ettari intorno all'ex stazione centrale.

Il sindaco Luigi Albore Mascia, inizialmente, non ha escluso la possibilità che in futuro possa essere riservata una piccola quota di residenziale e e di commerciale all'interno dell'area. Poi, dopo le polemiche sollevate dal centrosinistra, ha precisato che nulla è stato ancora deciso. Il primo cittadino ha assicurato che non sorgeranno nuove abitazioni o centri commerciali, in compenso potrebbero essere sfruttate le volumetrie già esistenti dell'ex Ferrhotel per costruire. Ma il dibattito è divampato lo stesso. Lunedì sono intervenuti gli industriali, i costruttori e i commercianti.

Ora la parola è passata all'Ordine degli architetti. «Voglio innanzitutto far presente che c'è una questione di metodo da criticare», ha detto Palladini, «sulla questione delle aree di risulta, come su altre opere importanti per la città, si ragiona al di fuori di una logica delle trasformazioni urbane. Ci sono atti compiuti da altre amministrazioni che devono essere valutati dall'attuale. Non si può decidere di cambiare qualcosa di importante senza discuterne e rendere partecipe la città». «Per le aree di risulta», ha continuato il presidente, «è stato fatto un concorso di idee, poi è uscita fuori l'intenzione di costruirci un teatro. Ma tutte queste scelte devono essere meditate con la comunità, i cittadini devono poter interloquire».

«In sostanza», ha fatto notare, «tutte le grandi opere non sono oggetto di riflessione su ciò che potrebbe comportare in merito ai carichi urbani e alla viabilità». Il presidente dell'Ordine ha quindi portato come esempio il progetto per la riqualificazione delle aree di risulta dell'architetto Antonio Monestiroli, consegnato alla precedente amministrazione. «Quel progetto, che prevedeva un enorme parco, una biblioteca-mediateca e un parcheggio interrato, ha raccolto consensi e critiche», ha osservato Palladini, «ora se si vuole fare il teatro, non previsto inizialmente, andrebbe modificato. Ma l'attuale amministrazione deve decidersi: vuole riprendere quelle carte o azzerare tutto e ricominciare da capo?». «Io ho qualche riserva su quel progetto», ha rivelato, «ma ci penserei due volte a introdurre una quota di cubatura nelle aree di risulta, finora non prevista, per realizzare abitazioni». «Manterrei invece», ha concluso il presidente degli architetti, «il vuoto urbano già esistente».

© RIPRODUZIONE RISERVATA