«Non rubo voti, penso all’estate da sogno»

Germano D’Aurelio in arte ’Nduccio rivela il programma per il turismo: stop agli incarichi agli amici, arrivano i grandi nomi

MONTESILVANO. La moglie l’ha già avvertito: «Vatti a rovinare dove ti pare, tanto prima o poi ci resterai deluso». Da una settimana, la figlia più piccola che fa ancora il liceo ha smesso di chiamarlo papà: «Ciao assy», gli dice ridendo quando lo vede girare per casa. «E io, invece, l’ho presa sul serio», racconta lui che in meno di una settimana di lavoro in Comune – domenica compresa passata a smanettare con l’iPhone e messaggini spediti ai collaboratori anche alle 7,10 di mattina – ha già deciso i punti fermi dell’estate che verrà e dato uno stop alla processione in Comune di quegli artisti in cerca di un palco e un cachet: «Capisco la crisi ma adesso i giovani devono sapere che, con i pochi soldi che mi hanno messo a disposizione, quest’ufficio non può essere più un istituto di collocamento e di beneficenza». Altro che risate e sferciconi come li chiama lui: seduto dietro a una scrivania in Comune, ’Nduccio sembra un manager. Anzi, sul palco è ’Nduccio e in Comune Germano D’Aurelio, il nuovo assessore a Turismo e Cultura della giunta bis Di Mattia. E ai politici fa tirare un sospiro di sollievo: «Tranquilli, non vengo a rubarvi i voti».

Durante gli spettacoli parla spesso dei siparietti con sua moglie. Ma quando ha saputo che sarebbe diventato assessore cosa le ha detto?

«Dopo quasi 36 anni di matrimonio, quella santa donna è abituata a tante follie e, con un’alzata di spalle, mi ha detto “vatti a rovinare dove ti pare”e ha aggiunto che ci resterò deluso e, prima o poi, tornerò a casa dolorante. Invece, io penso che c’è umanità ovunque e che il pubblico rappresenta sempre una sfida per me: o è un palcoscenico su cui offrire ogni volta un prodotto diverso oppure un Comune in cui mi si chiede un impegno tecnico. La mia passione è cercare applausi».

Lei ha detto che rappresenta la quota rosa: le sue 4 figlie come l’hanno presa?

«Con un sorriso. La prima fa il medico, la seconda l’insegnante di sostegno, la terza è universitaria e la quarta è una liceale e proprio lei, da sabato scorso, mi dice: “Ciao assy”, come si fa nel linguaggio dei giovani. Ho spiegato loro che non faccio il politico ma l’amministratore: io non ho rischiato la faccia ma sono stato paracaduto qui e dico a tutti: prendetemi per un amico che si impegna per Montesilvano. Faccio il comico? È un lavoro come un altro, potrei fare anche il primario dell’ospedale o il muratore: l’impegno è sempre lo stesso».

Del resto per fare il comico si deve essere intelligenti, non è vero?

«Per fare il comico bisogna essere crepuscolari: per cogliere la riflessione comica è necessaria una lente critica, da usare su se stessi e sugli altri. Comunque, la verità è che è una maschera: quando sto qui sono Charlie e quando sto sul palco sono Charlot».

Ma lei, uomo del popolo, come farà a sopravvivere ai lacci della politica e della burocrazia?

«Ovunque si va, si può prendere tanto e lasciare tanto. Ma qualche giorno fa un ex assessore di Pescara, un uomo forte, mi ha detto una frase che mi ha fatto rabbrividire: “Non pensare di cambiare la politica, sarà la politica a cambiare te”. Io non so se la politica mi migliorerà, ma se dovesse peggiorarmi spero di avere quell’autocontrollo e quello spirito critico per dire “alt, questa non è più casa mia”. Certo, di errori ne commetterò tantissimi ma, come ho spiegato quando Luciano D’Alfonso è ripartito con la politica al Circus di Pescara, chi è senza peccato scagli la prima pietra e l’ho detto per gli accusati e per gli accusatori. In 5 anni di seminario dai paolini, ho imparato la differenza tra la colpa e l’errore. E poi lo dice pure una barzelletta».

Ce la racconta?

«Una signora bruttissima va a confessarsi e dice di aver peccato di vanità perché si vedeva bellissima. Allora, il prete gli fa: vada in pace, non è una colpa ma un errore».

All’inaugurazione del parco Di Cocco a Pescara disse che D’Alfonso era un «asfaltero luminoso». Viste le strade ce ne sarebbe bisogno anche qui?

«Ci sarebbe bisogno di più verde. Spero di non contribuire a soffocare le poche aree verdi rimaste. Le buche? Cercheremo di coprirle tutte ma in giunta mi hanno spiegato che abbiamo tanta disponibilità di fondi per progetti a lungo termine ma mancano i soldi per i sacchetti di asfalto».

Va bene, ma che estate sarà a Montesilvano?

«In meno di una settimana di lavoro, domenica compresa, ho incontrato gli albergatori e capito che devo impegnarmi per il rilancio della Free Children card, una scheda per i turisti che consente l’abbattimento dei costi per i bambini fino a 6 anni: in Italia deve passare l’immagine di Montesilvano città dei bambini. E poi anche quella di capitale dell’Abruzzo nel mondo e sarà così con il premio Dean Martin: qui ogni emigrato abruzzese deve sentirsi a casa propria. Il premio Dean Martin sarà presentato, quasi sicuramente, da Paolo Limiti, poi avremo Mogol con lo spettacolo La Canzone del Sole condotto da Dario Salvatori, e, a fine stagione, una chicca con il concerto a prezzi popolari dell’Orchestra italiana di Renzo Arbore. A meno che l’approvazione del bilancio non mi tolga qualcosa promesso a voce, questi saranno i capisaldi. E poi, tra le altre cose, vogliamo fare anche un raduno di motociclisti con un concerto dedicato a Jhonny Cash, un progetto che ho già fatto nel carcere di Chieti con quattro soldi».

Se spenderà poco avrà speso troppo poco, se spenderà tanto diranno che è arrivato ’Nduccio a buttare i soldi di Montesilvano dalla finestra: è pronto alle critiche della politica?

«Le critiche sono il sale e il pepe di ogni attività ma devono essere ragionate. Se uno fa le battutine restano là e basta, ma, per crescere, invito tutti a dirmi in faccia quello che pensano. Ma senza pregiudizi e con il giudizio sul lavoro. Una cosa è certa: deve migliorare la macchina di Montesilvano perché in Comune ho trovato una situazione fuori dall’ordinario visto che non riesco a trovare dati per lavorare e non è colpa di questa amministrazione o di quelle precedenti ma di un modo di fare sbagliato. Ormai, il turismo sembra un diritto acquisito mentre ogni anno va guadagnato».

Tra lettere anonime e denunce, Montesilvano è la città dei sospetti e lei, qui, dovrà gestire un budget di circa 100 mila euro. Che gliene pare?

«È una città cresciuta troppo in fretta. Alla presentazione di un libro di favole ho raccontato che la mia fortuna è quella di essere nato povero perché chi nasce povero ha la forza di scalare le vette. Un mio vecchio professore diceva sempre che se Leopardi fosse stato un bel ragazzo, col cavolo che avrebbe scritto tutte quelle cose straordinarie. Montesilvano è diventata una grande città con le fortune del turismo e del mattone ma poi ci si è adagiati. Non voglio fare critiche personali: a ognuno potevano capitare disavventure e io vado faccio tanto volontariato nelle carceri perché penso che lì ci siano troppi innocenti e ci restino troppo a lungo. Io credo che su questa città si siano addensate troppe nubi ma è sempre tempo per aprire le finestre e vedere che fuori c’è il sole».

Perché ha detto sì proprio a Di Mattia?

«Lui e mia figlia studiavano insieme alla biblioteca provinciale di Pescara e frequentavano Vini e Oli, locale diciamo radical-chic di Pescara dall’aria sfattona. Attilio sta crescendo, gli voglio bene».

Agli assessori ha donato un tau di San Francesco: allora, vuole bene anche a loro?

«C’è tanta solidarietà tra noi e ho chiesto loro di prendermi per mano. Ma in Comune tanti li conoscevo già bene, a partire dal capo di gabinetto Carmine D’Andreamatteo: una volta, quando si candidò con i Repubblicani, riuscì pure a rubarmi un voto perché è una brava persona».

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