Omicidio Crox, pene ridotte agli assassini. La nonna: «Non l’accetto, abbiamo perso tutti»

Delitto nel parco a Pescara. Olga Cipriano, la nonna di Christopher Thomas Luciani, parla dopo la sentenza dei giudici della Corte d’Appello minorile dell’Aquila
PESCARA. Voleva incrociare il suo sguardo con quello di uno dei ragazzi che oltre un anno e mezzo fa, secondo l’accusa, ha ucciso suo nipote Crox con 25 coltellate. Ma non ci è riuscita. Nonna Olga Cipriano è tornata dall’Aquila con il peso di un’udienza difficile, seguita dall’inizio alla fine, nella quale ha osservato a lungo i due imputati accusati di aver ucciso suo nipote Crox. «Nipote solo sulla carta: per me era un figlio», ripete in lacrime. Ma dagli sguardi di quei ragazzi, dice, non è riuscita a cogliere nulla. «Sono rimasti impassibili, vuoti anche davanti alla morte».
Signora Olga, oggi (ieri per chi legge) ha visto i due imputati: uno collegato da remoto dal carcere minorile di Bari e l’altro presente in aula, all’Aquila. Che effetto le ha fatto?
«Appena li ho visti, ho pianto. È durissimo pensare che quelle mani hanno impugnato un coltello e hanno colpito mio nipote. È come se, in quel momento, avessero colpito anche me. Li trovo vuoti, impassibili: neppure un adulto avrebbe atteggiamenti così duri. Come ho sempre detto, non porto odio verso nessuno, non fa parte di me. Ma certe cose non si possono perdonare. E il perdono non lo darò né all’uno né all’altro».
Vi siete guardati?
«No. Avrei voluto incrociare il suo sguardo, ma non è accaduto».
Le pene sono state ridotte. Come si sente?
«Delusa, abbiamo perso tutti. Mi aspettavo la conferma della condanna di primo grado. Avevano già ottenuto lo sconto con il rito abbreviato».
I giudici hanno escluso l’aggravante della crudeltà.
«Per delitti così atroci, sentir dire che hanno tolto l’aggravante della crudeltà mi pesa enormemente. C’era in primo grado, ora non più. Ma come si può togliere la crudeltà dopo quello che hanno fatto al corpo di un ragazzino?».
Il giudice ha poi accolto la proposta di un percorso di giustizia riparativa.
«Io non lo accetto. Non voglio avere contatti con chi ha tolto la vita a mio nipote, a mio figlio. Perché lui era mio figlio, non solo mio nipote».
Olga, cosa le pesa di più in queste giornate?
«Sono molto provata: è un anno e mezzo che andiamo avanti tra avvocati, tribunali, udienze. Devo ringraziare i miei avvocati, Giacomo Marganella e Cecilia Ventura, che mi sono stati accanto, mi hanno sostenuta e sopportata anche quando perdevo la calma».
Crede ancora nella giustizia dopo questa sentenza?
«La giustizia deve fare il suo corso, ma forse qualcosa andrebbe rivisto. Io voglio continuare a crederci, sempre. Spero che venga rimesso tutto al giusto posto, che a ciascuno sia dato ciò che merita. Lo dico sempre: se sbagli, paghi. A ogni azione corrisponde una conseguenza. Hanno fatto qualcosa di orrendo: è giusto che stiano in carcere. Devono capire ciò che hanno fatto, devono rifletterci».
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