27 novembre

Oggi, ma nel 1941, a Gondar, le truppe agli ordini del generale d’artiglieria Carlo Nasi, vicerè d’Etiopia in carica dal 6 luglio precedente e governatore dell’Amhara dal 19 maggio, rimaste con scorte esigue, erano costrette ad arrendersi alla superiorità sia numerica che tattica delle formazioni britanniche. Queste ultime erano dirette verso l’aviosuperficie di Azozo ritenuta nevralgica. Benito Mussolini perdeva così il comando dell’avamposto strategico ubicato all’interno dell’edificio della Banca d’Italia. Ma anche il simbolico drappello del Fasil Ghebbi, risalente al 1645. E il Duce era di fatto costretto a far ammainare l’ultima bandiera col tricolore sabaudo sventolante nell’Africa orientale italiana (nella foto, particolare, Nasi intento ad osservare l’inizio delle manovre della ritirata imposta ai militari italici, dall’archivio iconografico Getty). Calava il sipario sulle controverse ambizioni d’impero italiane, ma non sulla sgangherata avventura coloniale iniziata il 10 marzo 1882, con l’acquisto della baia di Assab in Eritrea, e che terminerà l’1 luglio 1960, con la proclamazione d’indipendenza della Somalia. Nella caduta di Gondar si contavano 4mila vittime nelle fila del Belpaese. Precisamente 407 morti italiani e 3600 periti tra gli ascari al servizio del regio esercito. Oltre a 8.600 feriti complessivamente. Alle 14.30 Nasi, originario di Civitavecchia, ma modenese d’adozione, classe 1879, che contestualmente cessava anche il suo incarico di comando, telegrafava ai suoi superiori a Roma l’ultimo dispaccio dal testo che non lasciava spazio ad interpretazioni: «La brigata di riserva, lanciata sul fronte sud, non è riuscita a contenere l’attacco. Il nemico ha già superato il reticolato e i mezzi blindati sono penetrati in città. Ritengo esaurito ogni mezzo per un’ulteriore resistenza ed invio i parlamentari». Le ostilità nella zona erano cominciate il 17 maggio precedente, ad Anguavà, e termineranno il 30 novembre successivo con la resa delle armi verso le forze Uk quale segno di smantellamento dell’ultima piazzaforte. Degna di nota era stata l’azione di Ildebrando Malavolta, sottotenente pilota della 413ª squadriglia della regia Aeronautica, marchigiano originario di Ripatransone, in provincia di Ascoli Piceno, alla cloche del biplano monoposto monomotore Fiat CR 42 “Falco” che, nel tentativo di mitragliare l’aeroporto avversario di Dabat, veniva fatto fuori dopo essere stato intercettato dal Lieutenant Lancelot Charles Henry “Paddy” Hope a bordo di un Gladiator della South African Air force. E per il suo estremo sacrificio l’asso del cielo, titolare dell’ultimo duello dell’aria in AOI, verrà insignito della medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

