Omicidio Rigante, le motivazioni della sentenza del tribunale di Pescara: “Ciarelli voleva uccidere”

“Ha sparato nella zona glutea, ma era consapevole delle conseguenze”. Così il giudice Sarandrea motiva i 30 anni di carcere al rom che ha ucciso il tifoso pescarese il 1° maggio del 2012
PESCARA. «Massimo Ciarelli, che aveva sempre tenuto sotto tiro dell'arma Rigante, si posizionava a una distanza di 70 centimetri da quest'ultimo, evidenziando in modo evidente le proprie intenzioni delle quali Rigante mostrava di non essersi avveduto, avendo infatti implorato di non sparare». E' un passo delle motivazioni della sentenza di condanna di Massimo Ciarelli, il rom condannato a 30 anni di carcere - dove si trova rinchiuso - per aver ucciso il tifoso di 24 anni Domenico Rigante il 1 maggio 2012. Sono state depositate le motivazioni del giudice Gianluca Sarandrea che, nell'udienza del 3 febbraio, ha condannato Massimo Ciarelli a 30 anni di carcere per omicidio volontario premeditato e i suoi parenti Angelo, Domenico, Antonio e Luigi Ciarelli a 19 anni e quattro mesi per omicidio volontario.
Il giudice prosegue: «Del tutto indifferente, ma deciso a portare a termine il proprio atto ritorsivo, Ciarelli si era posizionato a una brevissima distanza dal corpo di Rigante e aveva puntato l'arma sulla zona sopra glutea di Rigante e aveva esploso un colpo che, per la postura, immobile della vittima attraversava da destra a sinistra tutto l'addome provocandone la morte». Ancora, il giudice per l'udienza preliminare continua illustrando il «ruolo centrale» di Massimo Ciarelli «nello svolgimento dei fatti» a cui, scrive, «non si può conferire la minima attendibilità alla versione fornita dai fatti». Quindi Sarandrea prosegue: «Si ritiene che la pistola sia stata usata volutamente dall'imputato per colpire Rigate e non per intimidirlo. Ebbene appare evidente che Massimo Ciarelli, esplodendo il colpo, non poteva che rappresentarsi tutte le possibili conseguenze di tale gesto e dunque anche la morte di Rigante».
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