Omicidio strada parco, è il giorno della sentenza: il pm ha chiesto tre ergastoli

Tutto ruota intorno al teste chiave, il sopravvissuto Cavallito, che indica Nobile come il killer dell’amico
PESCARA. È il giorno della sentenza. Nel pomeriggio i giudici della Corte d’Assise di Chieti emetteranno il verdetto sull’agguato mortale al bar del Parco che il primo agosto del 2022 provocò la morte dell’architetto pescarese Walter Albi e il grave ferimento dell’amico Luca Cavallito. La pubblica accusa, sostenuta dal procuratore Giuseppe Bellelli e dal sostituto Andrea Di Giovanni, ha chiesto la condanna all’ergastolo per tutti e tre i presunti responsabili che sono Mimmo Nobile, indicato quale killer che contro i due esplose otto colpi di pistola; Natale Ursino, il pregiudicato calabrese vicino alla criminalità organizzata considerato il mandante; Maurizio Longo, il contatto locale del calabrese che sarebbe stato il fiancheggiatore.
Il collegio difensivo (Massimo Galasso, Luigi Peluso, Cesare Placanica, Giovanni Scarfò, Giancarlo De Marco e Antonio Di Blasio) ha contestato in toto il teorema accusatorio della procura e ha concluso chiedendo l'assoluzione per tutti e tre.
IL TESTE CHIAVE DELL’ACCUSA
Un processo comunque difficile sia per l’accusa sia per le difese. La procura ha puntato tutto sulla testimonianza del sopravvissuto Cavallito: teste che ha immediatamente individuato in Nobile l’esecutore materiale (il killer erae completamente travisato da un casco integrale e con abbigliamento che non lasciava scoperto nulla, come appare nella ripresa filmata del locale), riconoscendone le movenze e soprattutto la voce per quella frase pronunciata prima di esplodere il colpo di grazia: «Questo è per te e per gli amici tuoi che non si fanno i cazzi loro».
LA PARTITA DI COCAINA
Ed è proprio la posizione processuale di Cavallito che le difese hanno cercato di demolire, sostenendo che non avrebbe potuto assumere il ruolo di testimone, ma di imputato per reato connesso, in relazione a un procedimento legato al processo: reato che anzi rappresenta il movente indicato dalla procura. Nei suoi diversi interrogatori Cavallito non fece mai il nome di Ursino, sminuendone il possibile coinvolgimento. Ma Cavallito fu costretto a raccontare la storia della partita di cocaina da 300 chili, un affare per il calabrese, e che purtroppo non andò a buon fine, mettendo nei guai Cavallito e Nobile che erano stati incaricati di recuperare quel carico, peraltro nato proprio grazie ai contatti in Ecuador di Cavallito. Ebbene, la procura chiese e ottenne l’archiviazione di quel procedimento che vedeva indagati Cavallito (molto più utile come semplice testimone secondo le difese), Nobile e Ursino, sostenendo che «le dichiarazioni rese da Cavallito appaiono piuttosto chiare e pregne di riferimenti in relazione ai rapporti (anche illeciti) intrattenuti tra lo stesso, Ursino e Nobile nel periodo immediatamente antecedente al delitto del primo agosto 2022 e, pertanto, in relazione al movente medesimo. Al contempo», scrive la procura nella richiesta accolta in toto dal gip, «esse descrivono e rimandano ad una più ampia e complessa attività di traffico internazionale di droga su cui il narrato (per evidenti e comprensibili ragioni di autotutela) risulta più vago ed evanescente e, soprattutto, privo di dettagli (anche temporali) ed elementi di riscontro in ordine all'identità dei soggetti (anche stranieri) coinvolti, ai ruoli ricoperti, ai luoghi in cui si sarebbero raggiunti gli accordi criminosi, alle date di riferimento ed alle modalità di pagamento della merce trasportata e smistata». Ed è per questo che le difese hanno puntato il dito su Cavallito ritenendolo non attendibile quando accusa Nobile e Ursino.
IL DNA DI IGNOTO UNO
L’altro aspetto di rilievo, che impegnerà a fondo la Corte in camera di consiglio, riguarda gli accertamenti del Dna sui reperti ritrovati in campagna ed usati dal killer: non c’è una sola traccia riconducibile a Nobile, ma esiste una traccia genetica sul bossolo, nel caricatore della pistola usata per l'omicidio e sulle scarpe del killer: prova che l’omicida è un altro soggetto, ignoto, ma non Nobile.
IL FIANCHEGGIATORE
Sulla figura di Longo neppure l'accusa ha speso una parola, anche se ha chiesto pure per lui l’ergastolo, così come ha chiesto anche la misura cautelare per Ursino scomparso dal 2023 nonostante fosse in regime di sorveglianza speciale.
OGGI L’UDIENZA
Oggi l'udienza si aprirà con le repliche dell’accusa che dovrà, per forza di cose, cancellare i tanti dubbi sollevati dalle difese sulla effettiva responsabilità degli imputati.
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