Pescara, aggressione in chiesa: tornano i fedeli ma la paura resta

Prima messa a San Donato dopo l’irruzione con le botte. Niente polizia, ma il vice parroco rassicura: siamo tutti maturi

PESCARA. «Ero in ginocchio davanti all’altare. Pregavo a capo chino. Non mi sono accorto che veniva verso di me. Ho solo sentito due pesanti schiaffi sulla testa mentre urlava che dovevo spostare la macchina parcheggiata vicino al cancello di casa sua. Ho provato a calmarlo, ma era furioso. Lo conosciamo da piccolo, è un bravo ragazzo, cresciuto insieme ai nostri figli, non so come sia potuto accadere». Non c'è rancore,«solo sconcerto», nelle parole dell'uomo, accanto la moglie ancora sotto choc, che è stato aggredito dal giovane di 32 anni finito agli arresti domiciliari dopo aver seminato il terrore, giovedì scorso, nel piccolo santuario di San Donato, nel quartiere di colle San Donato. La messa della terza domenica dell'Avvento, nel santuario addobbato a festa col presepe e la luce calda delle candele, ieri si è svolta regolarmente, in un clima di serenità e senza il presidio delle forze dell'ordine.

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La presenza della forza pubblica era stata richiesta dal parroco don Antonio De Grandis a seguito dell'incursione in chiesa, quattro giorni fa, del ragazzo che è stato trascinato fuori, nel panico generale, da un poliziotto fuori servizio che assisteva alla funzione religiosa. E c'era anche ieri: «Non sono un eroe», ha detto, «e al mio posto, qualsiasi cittadino avrebbe soccorso l'uomo contro cui si è scagliato il ragazzo che ho portato fuori. Nella concitazione siamo caduti a terra, un signore mi ha aiutato a bloccarlo». Poi l'arresto. Alle 9.30, ieri, la chiesetta era affollata da una cinquantina di persone, molte delle quali testimoni dell'accaduto. «Giovedi sono tornata a casa tremolante», ha raccontato una residente, «ho dovuto prendere le pillole per la pressione tanto era spaventata. Era il momento della Consacrazione ed eravamo assorti in preghiera». «Abbiamo avuto paura da morire», ha aggiunto l'amica, «e stamani, quando abbiamo aperto il portone, per entrare, ci tremavano le gambe. Vogliamo sentirci protetti, altrimenti non torniamo più in chiesa». «Lo abbiamo sentito strattonare la porta, è entrato di prepotenza, con fare minaccioso, gli dà fastidio sempre tutto: l'organo, il suono delle campane, ha spaccato le vetrate della sagrestia e una volta, durante una visita, ha persino minacciato verbalmente il vescovo», ha incalzato un altro cittadino.

All'uscita, don Tommaso Fallica, il segretario arcivescovile che ha officiato la messa (in sostituzione di don Antonio) ha stemperato i toni. «Questa comunità è matura e coscienziosa, i parroci hanno fatto un ottimo lavoro», ha commentato. Attaccata alla chiesa, l'abitazione del giovane, recluso con l'accusa di resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Dietro le inferriate e le serrande abbassate, ieri, solo silenzio.

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