Pescara e la sfida di Eataly. L'autocritica: "Lamentosi e gelosi: Farinetti ha ragione"

Il rilancio della città. Alessandrini: sì a un centro nell’ex Cofa. Valentini: non credo alle vetrine. Gli imprenditori: facciamo squadra

PESCARA. «Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani»: è a un “risorgimento” dell’agroalimentare che pensa Francesco Paolo Valentini, il produttore di vini che, come tanti, ha partecipato all’incontro con Oscar Farinetti, l’ideatore e fondatore di Eataly che ha strigliato gli abruzzesi «pigri e provinciali» perché «non vanno come schegge a raccontare quello che sanno fare». È dall’incontro con il fondatore del tempio delle tipicità italiane che il vignaiolo di Loreto Aprutino prende lo spunto insieme al sindaco Marco Alessandrini chiamato in causa provocatoriamente – «prenda lezioni di turismo dal suo collega di Rimini» – al segretario regionale di Slow Food Raffaele Cavallo e al direttore della Coldiretti Alberto Bertinelli per riflettere su come valorizzare i prodotti abruzzesi.

Da dove iniziare? «Da un cambiamento nella mentalità, dal non prendersela sempre con gli altri, dallo smettere di lamentarsi che è un’operazione sterile e porta solo a essere passivi», dice Valentini, d’accordo con Farinetti a cui aggiunge il suo decalogo per la rinascita: «Non copiare, non emulare, non rubare ma valorizzare il proprio territorio e sfruttare le nostre diversità». In platea, durante l’incontro con il papà dei centri commerciali sul cibo italiano di qualità c’era anche il sindaco di Pescara Alessandrini invitato da Farinetti ad andare a lezione dal suo collega di Rimini perché, come Farinetti ha detto, «i romagnoli riescono a fare numeri imponenti con il mare peggiore d’Italia».

«Nel caso, andrei da quello di San Francisco», sta alla battuta Alessandrini per cui il «confronto è sempre utile» e che sì, farebbe dell’agroalimentare un settore trainante della città. «Credo in questo sviluppo per Pescara», dice il sindaco, «supportato da politiche che tutelino il territorio e le nostre competenze. Eataly nell’ex Cofa? Quella struttura è un’ambizione che dobbiamo coltivare: mi piacerebbe che mantenesse la vocazione turistica e ricettiva e l’idea di un centro di Farinetti sarebbe anche in linea con quello che originariamente era l’ex Cofa, un mercato ortofrutticolo». Non riesce a darsi pace, invece, Raffaele Cavallo di Slow Food quando guarda a due regioni con caratteristiche simili, come l’Abruzzo e il Trentino Alto Adige, ma dai numeri, però, molto diversi. «Il Trentino esporta 1 miliardo di euro di mele e allora sì, ha ragione Farinetti: loro sono stati più bravi a muovere il sedere. Qui, invece, non si vuole scommettere sull’agroalimentare e soprattutto siamo divisi».

È a causa delle divisioni, per il segretario regionale di Slow Food, che i prodotti abruzzesi non decollano «perché non riusciamo a fare squadra», prosegue Cavallo, «o comunque non riusciamo a perseguire con convinzione questa idea: troppe gelosie, troppe invidie, con fiere dell’agricoltura che si accavallano. Magari Eataly approdasse all’ex Cofa, ma credo comunque che una vetrina possa essere di aiuto allo sviluppo per i contatti, per le relazioni ma non risolvere la valorizzazione». E a pensarla così è anche Valentini che, invece, è più netto perché, come dice, «non credo alle vetrine ma credo alla sostanza, credo nella valorizzazione del territorio e nel darsi da fare in questa direzione». Farinetti è arrivato a Pescara e ha dato una scossa anche se Bertinelli della Coldiretti ricorda pure come attraverso Campagna amica sia riusciuto ad avvicinare produttori e consumatori. «Sono 500 mila», spiega, «i contatti dei consumatori che incrociano i nostri mercati. Quello di Campagna amica è un percorso avviato da tempo che può essere sviluppato con le istituzioni. Ma i protagonisti», dice Bertinelli, «sono i produttori», ricorda aggiungendo anche che, in questo settore, si paga ancora uno scarto: «I produttori di vino sono diventati imprenditori, mentre in altri settori non è stato ancora fatto questo sforzo».

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