l'inchiesta

Pescara, ferito sulla strada parco: «Aspetto giustizia da 2 anni»

Parla l’uomo di origine cinese colpito da un fucile ad aria compressa all'altezza di via Gioberti. Intanto la Procura ha chiuso le indagini a carico del bancario, unico sospettato

PESCARA. Sono passati più di due anni da quella notte tra l’11 e il 12 luglio 2014 in cui, da una finestra di uno dei palazzi che costeggiano la strada parco, all’altezza di via Gioberti, furono sparati dei colpi ad aria compressa che colpirono tre persone, lasciandone una gravemente ferita. A distanza di più di due anni quell’uomo, il più grave dei tree (un uomo di Roseto colpito a un gluteo e una 22enne di Pescara sfiorata a un braccio) ha ancora uno di quei pallini conficcato nella schiena, in una zona che i medici hanno dichiarato non operabile se non con gravi rischi; e un occhio, l’occhio dove fu colpito dal pallino di piombo che passando per il canale lacrimale gli arrivò nei pressi della giugulare, da cui ha serie difficoltà visive. Oggi che nonostante tutti gli acciacchi e gli strascichi di quella notte di follia è tornato a lavorare perché le sue condizioni economiche non gli permettono di fermarsi, il 44enne di origini cinese (oggi 46enne) chiede solo una cosa: «Giustizia». Per il tramite del figlio 22enne che meglio di lui parla l’italiano, l’uomo che lavora in un ristorante cinese di Montesilvano,spinto dal senso di impotenza che l’ha accompagnato in tutto questo tempo, rompe il silenzio per la prima volta e dice: «Da quella sera, oltre al proiettile dietro alla schiena,ho un occhio che non vede più come prima, ma ho dovuto continuare a lavorare perché non ho alternative, non saprei come mandare avanti la mia famiglia. Non ho preso una lira nè dall’assicurazione nè di risarcimento, come se nulla fosse successo. Anche perché non sono più riuscito a sapere niente. Non so a che punto sono le indagini, non so chi mi ha sparato e perché, ma una cosa so: dopo due anni sto aspettando ancora giustizia, di sapere perché e chi è stato».

In realtà una novità c’è ed è l’avviso di conclusione delle indagini firmato dalla pm Barbara Del Bono in relazione all’unico indagato, per lesioni gravi, di questa storia assurda: un bancario oggi di 47 anni, S.P., pescarese residente nella zona di via Gioberti a cui quella sera gli investigatori della Mobile diretti da Pierfrancesco Muriana sequestrarono 18 armi tra carabine e fucili e 38 pistole, tutti ad aria compressa. Armi che collezionava e teneva in casa dove i poliziotti trovarono anche un bersaglio rudimentale realizzato con una scatola foderata di gommapiuma incassata nell’armadio a cui sparava, per esercitarsi, dal corridoio. Tutti fucili con ottiche di precisione, con molle di ricambio e pallini a non finire. Un collezionista, un cultore che sin dal primo momento, quando fu portato in questura e ascoltato per più di sei ore, ha sempre negato tutto. Ma a indebolire la sua posizione c’è adesso la perizia balistica affidata dalla Procura al perito Paride Minervini che ha ricostruito la traiettoria dei proiettili utilizzando il laser e altre tecniche di precisione da cui sarebbe emersa la compatibilità tra i punti di impatto dei proiettili sulla strada parco (e quindi le tre persone di passaggio), e il balcone dell’appartamento dove abita l’uomo. Incensurato, che si professa innocente.

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