Pescara, i profughi si danno da fare alla mensa della Caritas

Nella struttura di via Alento 33 immigrati provenienti da alcuni Paesi africani: "Puliscono, lavano, servono alla mensa: si rendono utili alla comunità"
PESCARA. Sono 33 gli immigrati ospiti del dormitorio della Caritas di via Alento, provenienti da diversi paesi africani, come Nigeria, Gambia, Ghana e Senegal. Sono arrivati, in diversi scaglioni, nei mesi di ottobre e novembre dello scorso anno.
Normalmente, fanno sapere dalla Caritas, sono ospiti che rimangono quattro o cinque mesi, il tempo necessario per la burocrazia per la richiesta dell’asilo politico. E diverse sono le attività che svolgono all’interno della struttura. «Puliscono, lavano, servono alla mensa», sottolineano dalla Caritas, «e si attivano in tutto ciò che può essere utile alla comunità». «Poi escono anche dalla struttura», aggiungono, «per andare a seguire le pratiche che li riguardano nei vari uffici. Inoltre, seguono dei corsi, come quelli di italiano e di teatro».
Insomma, come precisano dalla Caritas, «gli immigrati si danno da fare». E la permanenza degli ospiti è transitoria: una volta terminato l’iter «di fronte alla commissione che deve valutare i requisiti che occorrono per ottenere l’asilo politico», osservano, «vanno via, a prescindere dall'esito».
Dunque un ricambio continuo, negli edifici di via Alento, che tra l’altro, anche per replicare ad alcune polemiche dei giorni scorsi, impedisce qualsiasi «overbooking» per i senzatetto locali. Così garantiscono dalla Caritas, dopo che nei giorni scorsi sono ricomparsi gli homeless negli spazi intorno alla stazione, in special modo vicino ad un vespasiano, presente in uno dei tunnel, quello più a nord, della stazione ferroviaria di Pescara; la quale, dall’anno scorso, nel corso della notte rimane chiusa. «Non è assolutamente vero», replicano dalla Caritas, «che la presenza degli emigranti nel dormitorio impedisca ai senzatetto della città di poter venire a trovare ospitalità da noi. E poi è sbagliato creare una contrapposizione tra chi ha bisogno di un tetto dove passare la notte o comunque di trovare un luogo fisso a cui fare riferimento».
«Il punto, casomai», evidenziano dalla Caritas, così come anche nei mesi scorsi è stato messo in luce, «è che spesso coloro che l’anno scorso andavano a dormire nei pressi della stazione, rifiutavano l’ospitalità nella nostra struttura. A volte accade che preferiscano rimanere all’addiaccio, pur di non sottostare a delle regole, le regole che vigono nel dormitorio. Poi la nostra struttura è comunque divisa in due. Abbiamo una cosiddetta “prima accoglienza”, che dura in media quindici giorni, ed è riservata ai senza fissa dimora che tradizionalmente vengono a chiedere ospitalità, e poi la “seconda accoglienza”, la quale è dedicata ai profughi, cioè a quella tipologia di persone che sono in fuga da Paesi problematici, come appunto lo sono gli attuali nigeriani, ghanesi e via dicendo». «Quindi», concludono dalla Caritas, «il posto riservato ai locali non è mai occupato da altri».
©RIPRODUZIONE RISERVATA