Pescara, rapinatore assolto: la vittima non può pagarsi l'aereo per testimoniare

«Se volete che venga a testimoniare in tribunale, dovete pagarmi il biglietto aereo»: questa la risposta di una prostituta romena che la sera del 19 luglio 2007 venne rapinata dell'incasso da un commerciante di pesce. Il magistrato dell'epoca non richiese l'incidente probatorio per fissare le accuse e l'uomo che rischiava fino a 15 anni di carcere ora è libero
PESCARA. «Se volete che venga a testimoniare in tribunale, dovete pagarmi il biglietto aereo». Come non detto: gentile signorina - di professione prostituta, almeno a Pescara - resti pure a casa sua, libera e bella al pari dell’imputato che la rapinò, da ieri sgravato dall’incubo di una lunga detenzione.
Incidente probatorio, dove sei finito? Lo strumento processuale che il legislatore ha inventato per cristallizzare prove che l’incedere del tempo e il mutar di circostanze e persone potrebbe mettere a rischio, fornisce l’assist all’avvocato Luca Sarodi per centrare un’assoluzione da una duplice accusa che, in caso di condanna, poteva costare al suo cliente fino a 15 anni di reclusione. Le vittime di una rapina e una tentata estorsione sono tornate da tempo in Romania e non hanno confermato al processo le accuse rivolte a un commerciante di pesce, da loro indicato come l’autore di una duplice aggressione consumata 9 anni fa in centro. Conclusione: assoluzione con formula piena. L’imputato ha 51 anni ed è di Pescara: capo d’imputazione vuole che la sera del 19 luglio 2007, catturato da particolari bollori, abbia avvicinato lungo corso Vittorio una giovane prostituta dell’Est, ma che abbia poi deciso di rapinarla di 100 euro dopo averle puntato contro una pistola. Quella stessa sera, l’uomo punta un’altra lucciola romena e la minaccia pretendendo l’intero contenuto della borsa. Lei, però, non si fa intimorire e anzi annota il numero di targa della sua Mercedes.
Gli investigatori risalgono al conducente, che nel frattempo si è dileguato facendo così evaporare la flagranza del reato con annesso arresto immediato, e recuperano pure l’arma in casa. La giustizia lemme lemme cammina inesorabilmente fino al rinvio a giudizio, ma dimentica un passaggio fondamentale: l’incidente probatorio, appunto, con il quale sigillare le accuse delle due ragazze e impacchettarle per il collegio del tribunale presieduto dal giudice Maria Michela Di Fine.
Così, di rinvio in rinvio si tenta di rintracciare le due ragazze per farle tornare in Italia per testimoniare. Alla fine, si muove pure l’Interpol e ne salta fuori una. Che però, per far trionfare la giustizia, batte cassa. No soldi (per l’aereo, assicura lei), no deposizione.
Così, in punta di diritto, l’avvocato Sarodi scava la fossa all’accusa, appellandosi ai Diritti dell’uomo e a quel codice che pretende la credibilità del teste e l’acquisizione di dichiarazioni non confermate. Insomma, se non c’è contraddittorio tra vittima e (presunto) aguzzino, la prova non vale. Finisce tutto in cavalleria, pm d’accordo. Che l’imputato brindi pure all’incidente probatorio.
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