Pescara, riaffiora il pavimento del convento di Sant’Agostino

Riemerge un pezzo di storia della città nel cuore di Pescara Veccchia

PESCARA. Un altro pezzo dell’antica Pescara è riemerso a pochi passi dalla golena sud. Giovedì mattina, mentre alcuni operai stavano scavando nel piazzale alle spalle del Centro Nazareth, per realizzare la base necessaria a una scala antincendio, è stato scoperto un pavimento in mattoni. Ai lavori, per via del vincolo archeologico su Pescara Vecchia, presenziava un archeologo, che ha subito intimato lo stop evitando che la ruspa potesse fare danni. Tutto lascia pensare che si tratti del pavimento del convento di Sant’Agostino, di cui sono ben visibili alcuni resti della mura. Una traccia proviene dal Catasto Onciario del 1754, in cui è contenuto “l’apprezzo della città di Pescara”, cioè la valutazione dei beni cittadini. Si parla del “convento detto delle monache, delle chiese e dei conventi di Sant’Agostino e San Francesco”.

Giovedì mattina, sul posto, dopo la solerte segnalazione del giovane archeologo, sono arrivati Patrizia Tommasetti della Sovrintendenza Beni paesaggistici e architettonici, Licio Di Biase, storico pescarese che rappresenta il Comune nel progetto Real Piazza, e il presidente dell’Archeoclub Giulio De Collibus. Secondo Di Biase «le realizzazioni della chiesa e del convento di Sant’Agostino devono essere relative a una dinamica di rilancio di Pescara, dopo il crollo del 1300-1400». In una relazione del 1530, quindi precedente alla costruzione della piazzaforte spagnola, si legge “questa terra è così diruta e rovinata che non vi si trovano che quattro grandi locande”. Sempre secondo Di Biase, il monasterium San Viti de Piscaria e la Grangia Piscarie, strutture monastiche di rilievo, «sono antecedenti al monastero di Sant’Agostino e, forse, in parte riutilizzate e inglobate nella struttura».

Il rinvenimento di giovedì e i conseguenti scavi e studi contribuiranno a svelare un po’ del mistero che circonda il passato della più grande città d’Abruzzo e a sensibilizzare l’opinione pubblica.

Di recente, una serie di documenti e di ricerche hanno messo sotto la lente d’ingrandimento la piazzaforte spagnola abbattuta dopo l’Unità d’Italia, i suoi sotterranei e l’intera Pescara Vecchia, compresa l’area archeologica di Rampigna. La città, pur non rinunciando al suo slancio verso il futuro (si pensi al ponte del Mare) è attratta come non mai dal suo passato. Pescara Vecchia è uno scrigno colmo di tesori. Nella golena sud, a poche centinaia di metri dai resti del convento di Sant’Agostino, c’è un bellissimo mosaico romano (II secolo D.C.), custodito sotto due palmi di terriccio. Di fronte a Sant’Agostino, nel terrapieno della ferrovia, in corrispondenza della rampa d’accesso al ponte ciclopedonale, si trova uno degli accessi ai sotterranei della piazzaforte. Fu scoperto nel 1973, durante i lavori per il nuovo rilevato ferroviario, e interrato poco dopo. Per fortuna, l’artista Luigi Baldacci fece in tempo a scattare alcune fotografie. Oggi, tanto per rimanere sul tema della storia cittadina, si celebra l'unificazione di Pescara e Castellamare Adriatico, datata 1927. «Ha rappresentato il crocevia per lo sviluppo della nostra città, un provvedimento per il quale dobbiamo ringraziare due personalità, Gabriele D'Annunzio e l'onorevole Giacomo Acerbo», ha detto il sindaco Luigi Albore Mascia. «Quel momento storico ha dato vita alla crescita del territorio, al suo sviluppo infrastrutturale che rappresenta il nostro bagaglio di esperienza, un bagaglio che ci carica di un'ulteriore responsabilità nei confronti della tutela del capoluogo adriatico, delle sue risorse e delle sue potenzialità». Il 12 gennaio 1927, 86 anni fa, Pescara e Castellamare, ponendo fine a una rivalità feroce, abbandonarono, rispettivamente, le province di Chieti e Teramo per diventare una sola città e il capoluogo di una nuova provincia.

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