«Pescara senza un centro storico no al vincolo su Villa Agresti»

Sentenza pilota del Tar cancella i limiti di tutela imposti dall’amministrazione all’edificio della riviera «Il Comune deve pianificare un’intera zona della città e non dettare condizioni su singoli fabbricati»

PESCARA. Pescara non ha un centro storico – a eccezione del triangolo racchiuso da corso Manthonè, via delle Caserme e piazza Unione – ma, a macchia di leopardo, custodisce «complessi di edifici o singoli edifici disseminati sul territorio che, per il loro valore storico-architettonico, sono meritevoli di salvaguardia». Però, non può essere il Comune a mettere vincoli su questi fabbricati con un (presunto) passato da tramandare: il compito è della Soprintendenza, «deputata alla valutazione del rilievo storico artistico dei beni immobili e alla conseguente esigenza di tutela di tali valori». A deciderlo sono stati i giudici del Tar di Pescara che, con una sentenza pilota, hanno cancellato il vincolo storico e architettonico posto dal consiglio comunale su Villa Agresti e condannato il Comune a pagare 6 mila euro di spese.

Edificio. Villa Agresti è un edificio della riviera nord, all’incrocio con via Toti, con un giardino recintato. Oggi, Villa Agresti si mostra come un edificio segnato dal tempo ma, secondo il sindaco Luigi Albore Mascia e il vice Berardino Fiorilli, «è una struttura di particolare pregio che testimonia l’architettura del Dopoguerra». Proprio per questo, nel 2012, l’amministrazione Albore Mascia ha inserito Villa Agresti in un elenco di edifici da tutelare: «La tutela», spiega il sindaco, «non va considerata come la “museizzazione” della città, ma piuttosto come la necessità di porre maggiore attenzione nella conservazione e ristrutturazione di quegli edifici, elemento da cui partire per una nuova progettazione conservando aspetti identitari».

Perché è da tutelare? La decisione di includere Villa Agresti nell’elenco dei beni meritevoli di tutela è stata presa dopo l’osservazione di un gruppo di cittadini e di un’associazione ambientalista che ha posto l’accento sul progettista del fabbricato, l’architetto Paride Pozzi, e sul «discreto rapporto» dell’edificio «con il mare attraverso l’ampio giardino che lo fronteggia».

Sentenza del Tar. Ma secondo le impostazioni del Tar – chiamato a pronunciarsi dopo il ricorso dei proprietari di Villa Agresti, il costruttore Achille Trave, titolare della società Trave 2, e Daria Forte – il Comune deve pianificare «una zona omogenea» della città e non vincolare un singolo edificio: così, dicono i giudici, nel piano del Comune «manca o resta sullo sfondo proprio la considerazione del bene immobile come parte di una zona omogenea del territorio comunale, atteso che tutte le considerazioni in esso espresse sono sbilanciate in favore di una centralità dell’esigenza di salvaguardia del valore storico e artistico dell’edificio, funzioni che, viceversa, esulano dal potere di conformazione urbanistica e che sono affidate istituzionalmente alla cura di altre Autorità, nella specie al ministero per i Beni culturali». Per il Tar, poi, non può essere il Comune a mettere i vincoli: «È evidente che il Comune di Pescara abbia inteso esercitare competenze e attribuzioni appartenenti in realtà alla Soprintendenza». Ma Albore Mascia e Fiorilli andranno al Consiglio di Stato: «Porteremo fino in fondo la nostra battaglia per la tutela e la conservazione di tutti quei beni immobili che fanno parte del nostro patrimonio storico».

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