Pescara, uccise madre e figlio: 20 anni di carcere

Condannato l’ucraino Chernish: agì sotto l’effetto della droga. Ai familiari delle vittime provvisionale di 50mila euro

PESCARA. Maksym Chernish, l'ucraino di 27 anni reo confesso del duplice omicidio dei due cittadini polacchi Arkadiusz Miksza, 22 anni, e di sua madre Kystyna Miksza, 53 anni, è stato condannato a 20 anni di reclusione con rito abbreviato.

A pronunciare la sentenza è stato il gup Elio Bongrazio, che ieri pomeriggio ha messo un primo punto fermo sulla tragedia avvenuta il 24 gennaio 2016 in una mansarda al secondo piano di una palazzina in via Tibullo 25. Il pm Salvatore Campochiaro aveva chiesto il massimo della pena, ossia l'ergastolo, ridotto a 30 anni per lo sconto di pena previsto dal rito abbreviato.

Sulla decisione del giudice e sull'alleggerimento della posizione processuale del giovane assassino, fuggito via subito dopo i fatti ma scoperto nel giro di poco e arrestato, ha, però, avuto un ruolo determinante la perizia disposta durante la fase delle indagini.

Per lo psichiatra Ariatti, infatti, Chernish, difeso dall'avvocato Vittorio Supino, «all'epoca dei fatti versava in condizioni di capacità di intendere e di volere grandemente scemate», a causa di uno stato psicotico indotto dall'assunzione di sostanze stupefacenti avvenuta in un periodo antecedente il fatto.

Bongrazio ha anche disposto di verificare se le condizioni dell'ucraino siano compatibili con la detenzione in carcere, questo perché l'avvocato Supino ha chiesto il trasferimento del ragazzo dal carcere in una struttura specializzata, «sulla base delle perizie che evidenziano la necessità che Chernish sia curato».

Il gup ha escluso tutte le aggravanti contestate al giovane, tra cui quelle dei futili motivi e della crudeltà, riconoscendo sussistente solo quella del nesso teleologico, cioè l'aggravante di aver commesso un delitto per occultarne un altro. Riconosciuta anche una provvisionale di 50 mila euro a favore del fratello di Arkadiusz e figlio di Kystyna, che si è costituito parte civile tramite l'avvocato Elena Anzolin.

«Il pm ha insistito sull'efferatezza e sulla crudeltà delle aggressioni», sottolinea l'avvocato Anzolin, «soprattutto rispetto al delitto della donna. Non sono state riconosciute le aggravanti, ma siamo soddisfatti della decisione del giudice perché», evidenzia l'avvocato, «non poteva essere diversa alla luce delle risultanze processuali e, nello specifico, della perizia psichiatrica».

Il giovane ucraino, presente all'udienza ma non alla lettura del dispositivo, si è sempre difeso sostenendo di essere stato aggredito da Arkadiusz, detto Arka, mentre si trovavano all'interno dell'abitazione della vittima, dove Maksym si era trasferito a vivere da poche ore. Quella tragica domenica, i due ragazzi avevano assunto droga (Maksym la comprava da Arka e entrambi ne facevano uso). In base al racconto del giovane assassino, Arka l'avrebbe prima colpito con la mazza da baseball e poi con un coltello e lui avrebbe risposto nello stesso modo.

Secondo Maksym anche la madre di Arkadiusz, giunta all'improvviso nel bilocale di via Tibullo, avrebbe provato ad aggredirlo e lui si sarebbe difeso spingendola fuori dall'appartamento e colpendola con numerose coltellate, per poi trascinare il corpo nella mansarda. Ad attendere il verdetto c'era anche la madre di Chernish, che in questi mesi è sempre rimasta vicina al figlio e che spera nella possibilità di poterlo curare. Ai familiari delle vittime nessuna speranza da coltivare, ma solo il ricordo dei propri cari strappati alla vita brutalmente in un assurda domenica d'inverno.

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