Pescara vecchia cambia anima

Una notte tra i vicoli quasi deserti, ma i clienti storici non se ne vanno

PESCARA. «Cosa le porto da bere? Non lo so, faccia lei. Va bene, le porto qualcosa di amabile». A Pescara vecchia, in corso Manthoné e via Delle Caserme, tra le ali di tavolini in cui sedere a parlare, è arrivato il tempo più lento della piacevolezza.

Sono le undici di un venerdì prefestivo e nel quadrilatero di Pescara vecchia - «il cuore pulsante della città», «la bombonieria», «la chicca di Pescara», secondo entusistiche definizioni - la movida non c'è più. Tra le vie di casa Flaiano e D'Annunzio, siedono turisti che, sfogliando le guide, sono arrivati in quelle strade alla ricerca dei sapori abruzzesi mischiandosi a ragazzi che, disposti a cerchio attorno ai tavolini, chiacchierano per qualche ora, poi si salutano e prendono la strada di casa. Qualche ragazza, tirata a lucido per la nottata che sta per arrivare - quella che dalla mezzanotte si trasferisce sul lungomare - traballa sui tacchi, inciampa tra le mattonelle di corso Manthoné e sbuffa perché attorno «non c'è movimento». 

«Qui è tranquillo, è piacevole, non c'è tanta gente e si può conversare»: è la nuova versione di Pescara vecchia, il centro storico che ha abbandonato l'abito discotecaro del trambusto, delle urla, del rumore di vetri frantumati a terra, dei residenti infuriati, delle secchiate d'acqua e di quelle «centolire», come ricorda qualcuno, «che non cadevano a terra perché c'era troppa gente». E che si fa a Pescara vecchia? A chiederselo è un gruppetto di ventenni arrivate da Penne con vestiti a fiori, collane etniche, orecchini pendenti e sandali alla schiava, incrociati alle caviglie. Entrano in un locale, ma è vuoto e allora escono; si spostano in quello accanto, «ma ci sono i vecchi seduti», dicono. Si informano, chiedono dove si balla, risalgono in macchina e prendono la strada del lungomare: «Perché è lì che ci si diverte». Un altro gruppo di ragazzi con colli inamidati sta raggiungendo gli amici per prendere un bicchiere di vino. Sfogliano la carta dei vini, ordinano anche loro e si mettono a programmare il Ferragosto, la giornata di festa di oggi che trascorreranno in spiaggia. 

«Chi ha ordinato un'angurioska?». Ad aspettare il cocktail alla frutta con i gomiti appoggiati a un bancone è un ragazzo di Modena arrivato in via Delle Caserme, in un notte di piena estate, dietro suggerimento del suo albergo. «Mi hanno detto che qui era carino», dice, «e che avrei potuto mangiare bene. Ma mi hanno detto anche che se volevo andare a ballare dopo e, insomma, trovare la movida avrei potuto farlo per la riviera. Adesso bevo questo bicchiere, incontro un'amica e vado sul lungomare».  Qualche estate fa, in corso Manthoné e in via Delle Caserme, non si poteva camminare e non c'erano posti a sedere. Poi la movida se n'è andata dal centro storico, si è trasferita sul lungomare portandosi dietro un mare di lamentele: quelle dei ristoratori che hanno perso i clienti e lo struscio, quelle di gestori di piccoli localini che nessuno frequenta più. Pescara vecchia senza più attrazioni, senza uno spettacolo che richiami, dicono gli operatori.  Un luogo di incontro dove, quest'estate, nessuno si dà appuntamento e una piazza, piazza Unione, deserta già a metà serata. «E non c'è più gusto», ci si racconta tra i tavoli, «neanche a fare la corsa alla sedia affacciata al passeggio, perché lo struscio qui non c'è più». Largo dei Frentani in silenzio, piazza Garibaldi senza un crocchio di gente: solo clienti affezionati a ristoratori diventati negli anni amici e turisti a cui viene segnalato il centro storico per trascorrere una serata piacevole.  «Vorrei un passito»: chiede una signora accanto al marito nella nuova fase di corso Manthoné, la via che si è addolcita, dove adesso si sussurra e i gesti si sono fatti più lenti. E dove circola ancora, indiffernete alla movida andata via, il solito rumeno, un ragazzino con la fisarmonica che canta a squarciagola « 'O sole mio».

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