Porto, Goio ancora senza poteri

Il commissario attende il governo, il Pd lancia un appello al prefetto
PESCARA. «Salvate il porto canale dalla chiusura definitiva». Ieri, il capogruppo del Pd Moreno Di Pietrantonio ha lanciato un accorato appello al prefetto, al sindaco e al presidente della Regione per la drammatica situazione dello scalo marittimo, diventato inaccessibile.
Si sta per aprire una settimana decisiva per il futuro del porto canale. Il provveditorato alle Opere pubbliche ha annunciato, nei giorni scorsi, la ripresa dei lavori da domani. Sono stati stanziati 1,9 milioni di euro per l'escavo di altri 20mila metri cubi di sabbia e fanghi, ma la Valutazione di impatto ambientale rilasciata dal ministero prevede il recupero di soli 7mila metri cubi.
Si spera che possa risolvere il problema il commissario Adriano Goio, ma i poteri speciali promessi dal governo per velocizzare l'iter del dragaggio del porto non sono ancora arrivati.
Nel frattempo, il porto è fermo e la somma dei danni subiti da aziende, operatori marittimi, società di servizi e pescatori aumenta di giorno in giorno. Decine di lavoratori hanno già perso il posto, altri sono in cassa integrazione.
Di fronte a questa situazione, si susseguono le iniziative dei politici. Ieri, il Pd ha chiesto aiuto al prefetto Vincenzo D'Antuono, al sindaco Luigi Albore Mascia e al presidente della Regione Gianni Chiodi. «L'appello che facciamo», ha scritto nella lettera il capogruppo Moreno Di Pietrantonio, «è quello che ogni pescarese e ogni abruzzese si sente di dover fare in questo momento: salvate il porto di Pescara dalla chiusura definitiva».
«Siamo molto preoccupati per come stanno procedendo le cose», si legge, «i lavori di dragaggio sostanzialmente inutili e molto costosi, cioè 500mila euro per soli 2mila metri cubi, sono fermi con le costose attrezzature per il trattamento dei fanghi disseminate sulla banchina del porto commerciale».
«I lavori di dragaggio», ha continuato il capogruppo, «dovrebbero ripartire la prossima settimana, ma non si capisce con quali obiettivi e quali criteri. Addirittura, si parla di 7mila metri cubi per 1,9 milioni di euro, a causa di una precedente Valutazione di impatto ambientale e una mancanza di adeguate analisi dei fanghi». «Altro sperpero di denaro», ha sottolineato, «a fronte di nessuna soluzione per quanto riguarda l'agibilità del porto. C'è un'intera economia che ruota attorno al porto ormai distrutta. Il collegamento con la Croazia, con la nave Pescara Jet della Snav è anch'esso a rischio, in mancanza di certezze sull'agibilità del porto a causa dei bassi fondali».
«C'è bisogno», ha fatto notare, «di un immediato ripristino dei fondali e dello sgombero delle banchine dalle attrezzature per il trattamento dei fanghi per permettere l'imbarco delle auto. Crediamo che sia arrivato il momento di dire basta a questo andazzo». «Chiediamo con forza», ha concluso Di Pietrantonio, «un intervento delle autorità che risolva il problema, salvi il porto e con esso i tanti posti di lavoro in bilico e un'intera economia».
Si sta per aprire una settimana decisiva per il futuro del porto canale. Il provveditorato alle Opere pubbliche ha annunciato, nei giorni scorsi, la ripresa dei lavori da domani. Sono stati stanziati 1,9 milioni di euro per l'escavo di altri 20mila metri cubi di sabbia e fanghi, ma la Valutazione di impatto ambientale rilasciata dal ministero prevede il recupero di soli 7mila metri cubi.
Si spera che possa risolvere il problema il commissario Adriano Goio, ma i poteri speciali promessi dal governo per velocizzare l'iter del dragaggio del porto non sono ancora arrivati.
Nel frattempo, il porto è fermo e la somma dei danni subiti da aziende, operatori marittimi, società di servizi e pescatori aumenta di giorno in giorno. Decine di lavoratori hanno già perso il posto, altri sono in cassa integrazione.
Di fronte a questa situazione, si susseguono le iniziative dei politici. Ieri, il Pd ha chiesto aiuto al prefetto Vincenzo D'Antuono, al sindaco Luigi Albore Mascia e al presidente della Regione Gianni Chiodi. «L'appello che facciamo», ha scritto nella lettera il capogruppo Moreno Di Pietrantonio, «è quello che ogni pescarese e ogni abruzzese si sente di dover fare in questo momento: salvate il porto di Pescara dalla chiusura definitiva».
«Siamo molto preoccupati per come stanno procedendo le cose», si legge, «i lavori di dragaggio sostanzialmente inutili e molto costosi, cioè 500mila euro per soli 2mila metri cubi, sono fermi con le costose attrezzature per il trattamento dei fanghi disseminate sulla banchina del porto commerciale».
«I lavori di dragaggio», ha continuato il capogruppo, «dovrebbero ripartire la prossima settimana, ma non si capisce con quali obiettivi e quali criteri. Addirittura, si parla di 7mila metri cubi per 1,9 milioni di euro, a causa di una precedente Valutazione di impatto ambientale e una mancanza di adeguate analisi dei fanghi». «Altro sperpero di denaro», ha sottolineato, «a fronte di nessuna soluzione per quanto riguarda l'agibilità del porto. C'è un'intera economia che ruota attorno al porto ormai distrutta. Il collegamento con la Croazia, con la nave Pescara Jet della Snav è anch'esso a rischio, in mancanza di certezze sull'agibilità del porto a causa dei bassi fondali».
«C'è bisogno», ha fatto notare, «di un immediato ripristino dei fondali e dello sgombero delle banchine dalle attrezzature per il trattamento dei fanghi per permettere l'imbarco delle auto. Crediamo che sia arrivato il momento di dire basta a questo andazzo». «Chiediamo con forza», ha concluso Di Pietrantonio, «un intervento delle autorità che risolva il problema, salvi il porto e con esso i tanti posti di lavoro in bilico e un'intera economia».
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