Quattro scontri prima dell'omicidio dell'ultrà

Ritorsioni, minacce e denunce nei mesi che precedono l'assalto dei rom
PESCARA. Un fumogeno lanciato in un'auto e tre risse tra ultrà e rom. E' almeno da cinque mesi che i rom appartenenti a varie famiglie e i tifosi si affrontano ora a Villa del Fuoco ora a Pescara vecchia scontrandosi per futili motivi: per una frase pronunciata, per una casa in comproprietà, per episodi irrisori che hanno esacerbato gli animi, hanno risvegliato vecchie ruggini, poi, capitolati nella tragica notte del 1º maggio quando un tifoso, Domenico Rigante di 24 anni, ci ha rimesso la vita. Se il preludio alla notte in cui il rom Massimo Ciarelli - arrestato con i 4 complici appartenenti alla sua famiglia - avrebbe sparato a Rigante è stata la rissa della sera precedente, in realtà, gli attriti tra i due gruppi andavano avanti da dicembre e, nel corso dei mesi, hanno finito per segnare una linea divisoria tra gli ultrà e i rom radicati a Pescara.
IL FUMOGENO. E' la notte del 1º dicembre dello scorso anno quando in via Salara Vecchia quattro tifosi gettano un fumogeno all'interno dell'auto di un appartenente alla famiglia rom Spinelli. Il gruppo, armato di bastoni e coltelli, organizza una spedizione punitiva e quando il giovane Spinelli sta passando a bordo della sua Fiat Multipla, i quattro rompono il finestrino e gli gettano dentro il fumogeno. Il rom riesce a uscire dall'auto e a rifugiarsi in un bar mentre alcuni componenti della famiglia scendono in strada pronti alla guerriglia per difendere il parente. Sul posto, arrivano i carabinieri guidati dal capitano Claudio Scarponi che riescono a bloccare solo un tifoso che identificano in Domenico Rigante e a risalire, poi, agli altri tre denunciandoli tutti per danneggiamento seguito da incendio e porto ingiustificato di oggetti atti a offendere. Spinelli, invece, viene denunciato per minaccia aggravata e anche per porto ingiustificato di oggetti atti a offendere.
LA PROPRIETA' IN COMUNE. Qual era il motivo della prima spedizione? Secondo la ricostruzione degli investigatori, alla fine dello scorso anno non c'erano ancora dissidi tra i due gruppi ma, anzi, Rigante e uno Spinelli erano amici e avevano in comune una casa all'estero. Ma i due iniziano a litigare per quella casa e le frizioni esplodono prima il 30 novembre quando Spinelli va sotto casa di Domenico Rigante e lo minaccia con un coltello da cucina e, poi, la sera successiva nella spedizione organizzata dagli ultrà in via Salara Vecchia.
«NON SONO SPINELLI». Qualcosa si rompe nel rapporto tra i tifosi e le famiglie rom e, a marzo, scoppia una prima rissa a Pescara vecchia dove volano caschi e pugni. L'episodio non viene denunciato ma i rom iniziano ad avere paura e si rivolgono anche alle questura chiedendo protezione ma senza formalizzare la presunta aggressione. Il 30 aprile, il luogo dello scontro - l'ultimo prima dell'omicidio di Rigante - è ancora Pescara vecchia. I tifosi e, tra questi il fratello gemello di Domenico, il sopravvissuto Antonio Rigante, incrociano stavolta Ciarelli. Ne nasce una rissa e, secondo alcune testimonianze raccolte dagli uomini della squadra Mobile guidati da Pierfrancesco Muriana, i rom sono in numero inferiore rispetto agli ultrà: c'è chi ha raccontato trenta persone contro Ciarelli e i due suoi cugini, chi una ventina. I gruppi vengono separati ma Ciarelli, come è stato raccontato, avrebbe detto ad Antonio: «Io non sono Spinelli, io ti sparo in testa». Il giorno successivo, il 1º maggio, Ciarelli va nella casa di Via Polacchi e il fratello di Antonio, Domenico, viene ucciso.
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