Ritorno a scuola con il divieto dei telefonini, tutti i dubbi degli studenti

16 Settembre 2025

Molti i ragazzi perplessi: «La tecnologia ci aiuta nello studio, perché proibirla?», ma non negano i problemi con i social: «È vero: ci distraggono durante la lezione»

PESCARA. Non negano il problema, ma parlano di un divieto eccessivo. Che arriva «dopo anni di incentivi alla digitalizzazione». A parlare sono i ragazzi del liceo classico G. D’Annunzio di Pescara, appena usciti dall’istituto. Per loro è stato il primo giorno della “nuova” scuola voluta dal ministro Giuseppe Valditara che, tra le altre cose, ha proibito l’utilizzo dei telefonini durante le ore di lezione. Fino al suono dell’ultima campanella i ragazzi sono obbligati a lasciare i dispositivi nello zaino o consegnarli al professore, anche a ricreazione. E per chi trasgredisce sono previste sanzioni. «Non si tratta di avere un approccio punitivo, ma di ripristinare il senso della regola, il fatto che in una società ci sono dei diritti e dei doveri», ha detto Valditara spiegando la sua decisione. E in effetti i diretti interessati dalla riforma non si sentono puniti. Sono sorridenti, finalmente si riabbracciano dopo le vacanze estive. Molti, adesso che possono, hanno il cellulare in mano, ma sono più interessati al piacere di stare insieme. Si dicono «perplessi»per una scelta che giudicano «contraddittoria», perché dopo anni «in cui si è data priorità alla digitalizzazione» ora si trovano impossibilitati a usare qualsiasi dispositivo elettronico. Che ormai era diventato un punto di riferimento anche nello studio.

«UN PASSO INDIETRO»

«Per tanti anni è stato detto che la digitalizzazione della scuola era fondamentale. Adesso negano completamente la possibilità di utilizzare strumenti elettronici», dice Luigi Mezzanotte, studente dell’ultimo anno, «per me è sbagliato. Tanti ragazzi usavano il tablet per prendere appunti o scrivere mappe concettuali. E ora come faranno?». Luigi poi sottolinea un altro aspetto, quello relativo al “peso” della tecnologia: «Ho amici pendolari che vengono da fuori. Grazie alle versioni digitali dei libri avevano potuto alleggerire di molto il loro zaino. Ora torneranno a essere pesanti». La decisione di viale Trastevere non è riuscita a mettere d’accordo nemmeno tutti i professori. Come racconta Luigi, «alcuni approvano questa scelta, altri si erano abituati a usare il digitale per comunicare con noi e la trovano eccessiva». «Stiamo facendo dei passi indietro, mentre il mondo sta andando avanti», aggiunge Federico Pollice, compagno di banco di Luigi. Anche lui non è convinto dalla decisione del ministro: «Siamo al quinto anno, ci siamo abituati a usare il telefono. Con i professori abbiamo gruppi su Whatsapp e piattaforme web per l’invio di compiti, dispense e slide. E funzionavano. Dovremmo spingere sul digitale, non il contrario. Spero che cambino la riforma».

LE PERPLESSITà

Dovranno aspettare fino al prossimo giugno per affrontare l’esame di stato che gli consegnerà il diploma. O meglio, la “maturità”, come l’ha voluta ribattezzare Valditara, riportandola al vecchio nome. Ma questi ragazzi sembrano già ragionare da adulti. Non hanno problemi ad ammettere i problemi della loro generazione col telefono. Tant’è che la riforma «è giusta, almeno in parte», dice Aurora Barbiero, anche lei studentessa dell’ultimo anno. Conferma che «alcuni ragazzi perdono il controllo del telefono e lo usano eccessivamente, distraendosi durante le ore di lezione», ma aggiunge: «Ci vuole la giusta misura per tutto, perché noi utilizziamo il telefono anche a fini didattici». Matteo Bianco, invece, ha un’opinione più netta: «Non mi piace la riforma, perché sono all’ultimo anno e mi sono abituato in un certo modo. Cambiare non è mai semplice. E poi il telefono serve a staccare la spina quando ci sono momenti morti durante lezione. È anche un modo per concentrarsi meglio dopo. Poi è chiaro che i telefoni possono disturbare la lezione e sarebbe meglio non usarli, ma se ci viene detto che bisogna sfruttare l’intelligenza artificiale e poi ci viene tolto il cellulare...». È su questo punto che gli studenti sembrano più coinvolti. Loro sono immersi nella tecnologia, la conoscono meglio di genitori e insegnanti. Non capiscono le ragioni per le quali gli viene sottratto uno strumento prezioso che «usiamo ogni giorno, come l’intelligenza artificiale. L’importante è saperli usare con moderazione», commenta Emma Venditti, altra studentessa del D’Annunzio. Infine, a rendere ancora più confuso il quadro è una direttiva pubblicata dallo stesso ministero a fine agosto, in cui l’IA viene identificata come strumento utile «a valorizzare le individualità e i talenti degli studenti». Sarà dura usare la tecnologia per far crescere i ragazzi senza dispositivi elettronici in aula.