Roghi e un ordigno via al processo al “bombarolo”

26 Giugno 2013

Di Santo esce dal carcere per partecipare all’udienza E’ accusato di aver incendiato auto e preparato una bomba

PESCARA. E’ entrato nell’aula, ha salutato i parenti arrivati in tribunale per assistere alla prima udienza e si è seduto al primo banco. A distanza di cinque mesi dall’arresto, il “bombarolo” Roberto Di Santo, 58 anni, originario di Roccamontepiano, è uscito per un giorno dal carcere per partecipare alla prima udienza del processo in cui è imputato perché accusato di vari atti incendiari a Pescara, a Chieti e della fabbricazione di un ordigno. L’udienza, di fronte al collegio presieduto da Massimo De Cesare, è stata dedicata alla costituzione delle parti civili e all’ammissione delle prove per essere rinviata, poi, al 22 ottobre. Agli atti è stato anche ammesso il provvedimento che fissa il limite della misura cautelare al 12 marzo 2014. Inoltre, il pm Silvia Santoro, che per Di Santo ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato, ha depositato la lista dei testimoni: 29 persone tra cui le parti offese, ovvero i titolari delle auto a cui Di Santo ha messo fuoco, i carabinieri del comando provinciale di Pescara che arrestarono l’ex impiantista dopo dieci giorni di latitanza. Nella lista del pm ci sono anche i Gis, il Gruppo interventi speciali utilizzato in azioni di anti terrorismo e anti sabotaggio che arrivò a Villanova di Cepagatti per permettere, poi, ai carabinieri di entrare nella villetta e mettere in sicurezza l’ordigno realizzato da Di Santo nella casa.

In carcere, Di Santo, che ha da poco cambiato avvocato, arrivando in aula ieri assistito da Roberto Di Loreto, continua a chiedere libri e sta leggendo soprattutto filosofia del diritto e, nel frattempo, come ha sottolineato il suo avvocato, «sta facendo un percorso di ravvedimento». Chi è “il bombarolo”? E’ un ex impiantista che per dieci giorni si è mosso da Cepagatti a Chieti bruciando auto, strutture abbandonate e lasciando videomessaggi in cui illustrava il perché delle sue azioni, le stesse motivazioni illustrate durante l’interrogatorio: «La mia è una battaglia contro l’ingiustizia sociale». Il primo episodio risale all’8 gennaio quando il 58enne dà fuoco a una Golf dei vicini di casa in via Piemonte a Villanova di Cepagatti e lascia il primo videomessaggio in cui indica e spiega come ha realizzato un ordigno piazzato al piano terra della trifamiliare di Cepagatti, dove l’uomo stava ristrutturando la casa della sorella: due bombole di gpl collegate tra loro con sensori al pavimento e alle pareti che al minimo rumore sarebbero esplose. L’ordigno viene messo in sicurezza dai carabinieri mentre Di Santo si dà alla fuga incendiando auto, tra cui una a ridosso del tribunale di Chieti, e appiccando il fuoco a un’ex casa famiglia disabitata. Incendi e ancora video in cui l’uomo si professava «l’ultimo profeta» rivendicando le sue ragioni anche sul sito personale (www.rodisan.it) con lettere aperte a Obama e Napolitano. Inizialmente Di Santo era difeso dall’avvocato Alfredo Di Pietro che aveva scelto di patteggiare, una strategia difensiva che, però, non aveva trovato d’accordo il cliente che ha preferito affrontare il processo per illustrare le sue ragioni. Così, Di Pietro ha lasciato l’incarico e il sui posto è stato preso da Di Loreto.

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