Il punto in cui è stata uccisa Ester Pasqualoni (foto Luciano Adriani)

Roseto, la donna aveva denunciato l'uomo che la molestava

La dottoressa viveva in un villino insieme ai due figli. Due anni fa aveva perso il compagno per un infarto

ROSETO DEGLI ABRUZZI. Lei aveva denunciato ai carabinieri il suo persecutore. Forse è il suo killer. Ma chi era la vittima? Ester Pasqualoni, medico del reparto di oncologia all’ospedale di Sant’Omero, 53 anni, era conosciuta a Roseto, la sua città, per la sua grande professionalità e la sua bontà. Non ha avuto una vita facile purtroppo: qualche anno fa si separò dal marito, un collega medico. Viveva in un villino in via Colombo con i due figli minorenni che accudiva nel migliore dei modi. Due anni fa morì il suo nuovo compagno a causa di un infarto. Molti rosetani la chiamavano per un consiglio, era stimata da tutti. Ester Pasqualoni era il valore aggiunto del reparto di oncologia dell’ospedale di Sant’Omero. Competente e preparata professionalmente, sempre al passo con i tempi nelle cure innovative, svolgeva il suo lavoro con abnegazione e devozione, il tutto costellato da grande umiltà. Si spendeva costantemente nell’attuare una corretta sinergia tra i vari reparti, il laboratorio analisi, la radiologia e gli altri settori presenti all’interno dell’ospedale. «Senza ombra di dubbio mi trovai di fronte a uno staff medico-infermieristico di alto livello», racconta un suo ex paziente, «capace di curare i malati anche sotto l’aspetto psicologico. La dottoressa Pasqualoni mi ha aiutato tantissimo nel mio percorso di guarigione, sono scioccato». Adriano De Luca, otorino, era un suo grande amico e due giorni fa Ester Pasqualoni era stata da lui per una visita. «Era venuta da me con un’amica», dice De Luca, «lei ha lavorato anche a Giulianova e Sant’Omero, sempre come oncologa. Non aveva mai una parola fredda, era una persona di un’umanità straordinaria. Il suo calore, il suo affetto verso il prossimo trasparivano. Diversamente da come siamo noi medici, di solito duri e freddi di fronte al male altrui, lei era sempre vicina al dolore delle persone. L’altro giorno parlavamo delle nostre vite, dei nostri difetti con il solito affetto facendoci tante risate. Sapevo dei problemi che aveva avuto e le ho detto “tu hai già dato, non puoi soffrire più”. Ora sono senza parole».
Luca Venanzi