Sequestrato un altro centro massaggi cinese

Sesta attività chiusa a Montesilvano. Le arrestate chiedono di tornare libere: non siamo prostitute
PESCARA. Un altro centro massaggi cinese di Montesilvano trasformato in una presunta casa d’appuntamento. Ieri, i carabinieri hanno sottoposto a sequestro preventivo il sesto centro massaggi dopo gli altri 5 finiti al centro dell’operazione Relax: in base all’ipotesi dei carabinieri, guidati dal capitano Enzo Marinelli, le giovani cinesi si prostituivano offrendo prestazioni extra ai clienti che pagavano un sovrapprezzo. Si tratta del centro Stefania, in via Verrotti. Due gli indagati: il gestore, un cinese residente a Montesilvano di 32 anni, e una donna francese di 52 anni residente a Città Sant’Angelo che risultava responsabile tecnico della struttura, quindi con i titoli professionali per svolgere l’attività, ma non era sempre presente nel centro massaggi dove, a detta dei carabinieri, si esercitava la prostituzione. I reati contestati sono di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
Intanto, le altre cinesi finite agli arresti domiciliari e in carcere dal 26 giugno scorso rigettano le accuse di prostituzione e chiedono di tornare libere: l’avvocato Ernesto Picciuto ha presentato istanza di revoca delle misure cautelari per Yang Yucha, 39 anni, e per Zhou Jinghong, 40 anni, entrambe socie del centro massaggi Oasi d’oriente in via Vestina. Secondo l’avvocato Picciuto, alla luce degli interrogatori di garanzia, non sussistono più le esigenze cautelari: Yang Yucha, dice l’istanza dell’avvocato, «risulta essere assolutamente estranea all’intera vicenda, dato che la stessa non ha nè mai lavorato nel centro massaggi Oasi d’oriente, né percepito guadagni attraverso l’attività esercitata, né ha, tantomeno, gestito l’esercizio. Secondo Picciuto, Yang è «una semplice socia accomandante» della Oasi D’Oriente sas e tale carica è stata ricoperta «esclusivamente per permettere l’apertura di un normalissimo e regolare centro massaggi dato che la Yang è titolare di un attestato di studio per operatore olistico. Le accuse rivolte all’indagata non hanno, di fatto, trovato riscontro».
Per Jinghong, l’avvocato fa notare che «vive da sola in Italia e tale situazione, non le permette, quindi, di compiere nemmeno le più banali vicende quotidiane, quali ad esempio, acquistare alimenti per sé e/o recarsi in un ufficio pubblico per onorare il pagamento di una normale fattura dell’Enel». Di conseguenza, dice il legale, ««appare evidente come la misura coercitiva applicata debba essere oggetto di attenta valutazione. Le fonti di prova acquisite nel corso delle indagini, non sono tali da giustificare la permanenza della misura, dato che le stesse non appaiono idonee ad attribuire una qualificata probabilità di colpevolezza».