Tenaglia: tagliare i tribunali abruzzesi è incostituzionale

23 Luglio 2012

Il parlamentare Pd: la legge delega rimandava la decisione al 2016 in virtù del terremoto. Il governo ha deciso subito

PESCARA. Lanfranco Tenaglia, deputato del Pd, magistrato, è stato membro del Csm e ministro ombra della Giustizia dei democratici.

Onorevole Tenaglia, il 27 luglio sindaci e avvocati abruzzesi manifesteranno all’Aquila contro i tagli dei piccoli tribunali. Qual è la sua posizione?

«Ho sempre sostenuto che in Italia esiste un problema di geografia giudiziaria che risale al secolo scorso e che ha bisogno di una profonda riforma per garantire una maggiore efficienza del sistema giustizia e una minore durata dei processi civili e penali»

Quindi c’è la necessità di riformare le circoscrizioni?

«Questa necessità è condivisa dai magistrati, dagli avvocati e dagli studiosi di economia giudiziaria».

Però le soluzioni adottate prima dal governo Berlusconi e poi dal governo Monti non la convincono.

«L’ultima finanziaria Tremonti conteneva una legge delega per le revisioni delle circoscrizioni giudiziarie poi approvata dalla maggioranza di centrodestra. Su quella maggioranza ricade tutta la responsabilità politica di aver scelto criteri sbagliati e irragionevoli».

Per esempio?

«Avere stabilito un numero minimo di tre tribunali per distretto di Corte d’appello, una decisione contraria all’esigenza di razionalizzazione, che impedisce per esempio di chiudere tribunali come Larino, Melfi o Spoleto che sono molto più piccoli dei quattro tribunali abruzzesi che si vogliono chiudere. Senza questa scelta scellerata altri sarebbero stati i tribunali da sopprimere».

Qual è la proposta del Pd?

«Il Pd all’inizio della legislatura propose un progetto alternativo, un ddl a mia prima firma che prevede un organico unico provinciale di giudici e personale amministrativo, che consente una maggiore efficacia nell’utilizzo delle risorse umane e processi celeri e impedisce le chiusure dei tribunali».

Il ddl non andò avanti ma approvaste una norma che rimandava i tagli in Abruzzo.

«Con un emendamento a mia prima firma, approvato all’unanimità, il tribunale di Chieti parzialmente inagibile per il sisma del 6 aprile 2009, è stato ammesso come unico ufficio pubblico sito in un comune non compreso nel cratere ai finanziamenti per la ricostruzione post terremoto. Questo è stato il presupposto per approvare l’emendamento a prima firma Legnini che prevede che l’esercizio di delega del governo per la riforma della geografia giudiziaria di Chieti e L’Aquila, in dipendenza del terremoto, è di tre anni. Sarebbe dovuto scadere nel settembre 2016».

E invece?

«Il governo pretende di decidere subito e di eseguire tale decisione successivamente, mentre la norma dice il contrario: non si decide ora ma nel 2016. La decisione sui tribunali abruzzesi non rispetta questa norma, per questo è incostituzionale perché viziata da eccesso di delega».

Che cosa pensate di fare?

«Le commissioni Giustizia di Camera e Senato in sede di parere al decreto del governo dovranno invitare il governo a eliminare questo profilo di incostituzionalità e sono fiducioso che anche il Csm rilevi questo errore quando formulerà il parere che gli compete».

Pensa che il governo seguirà il vostro orientamento?

«Il parere delle commissioni non è vincolante. Il governo potrebbe anche non adeguarsi ai pareri parlamentari, ma se ciò dovesse avvenire ritengo che istituzioni ed enti locali coinvolti dalle chiusure dei tribunali potranno agire davanti alla Corte Costituzionale per far valere l’incostituzionalità del decreto legislativo».

Quale potrebbe essere l’alternativa alle chiusure?

«Data la situazione orografica del territorio, la situazione dei trasporti, della criminalità ( soprattutto in territori come Lanciano e Vasto) e situazioni economiche come ad Avezzano e Sulmona, la strada è quella di creare l’organico unico provinciale, ferma restando la possibilità di accorpare le sole procure e non gli uffici giudicanti».

Il governo vuole chiudere anche le sezioni staccate dei tribunali e gli uffici dei giudici di pace.

«Anche in questo caso non si può usare l'accetta, chiudere tutto, spopolare i territori e impoverire gli enti locali. La strada da seguire è quella di individuare compensazioni, quali ad esempio la permanenza degli uffici dei giudici di pace nelle sedi delle sezioni staccate dei tribunali».

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