Uccise la madre, muore in clinica

7 Agosto 2012

Di Nunzio, 27 anni, era ricoverato da sei mesi dopo essere finito già dal suo letto a castello nel carcere di Teramo

PESCARA. Non ce l’ha fatta Valentino Di Nunzio, il ragazzo di 27 anni che il 25 settembre scorso ha ucciso la madre nella casa di famiglia, a Manoppello Scalo. Il giovane è morto domenica scorsa dopo sei mesi di ricovero, prima nell’ospedale di Teramo e poi nella clinica Villa Pini a Chieti. Un calvario, il suo, iniziato il 14 febbraio, quando è precipitato giù dal letto a castello nella cella del carcere di Teramo in cui era rinchiuso. Per quasi sei mesi Valentino è rimasto immobilizzato, ufficialmente ancora detenuto, e assistito dal padre e dai parenti. Fernando Di Nunzio, piegato dal dolore immenso per la morte della moglie, non ha mai abbandonato quel figlio che pure gli aveva portato via la compagna. Sin dal giorno dell’omicidio si è occupato di far avere a Valentino tutto quello di cui aveva bisogno, dall’avvocato ai vestiti puliti da portare in carcere. E si è battuto, insieme al legale di Valentino Isidoro Malandra, prima per far ricoverare il figlio in una struttura psichiatrica e poi per fare chiarezza sull’incidente capitato in carcere, che per la famiglia è con certezza un tentato suicidio. Proprio per chiarire cos’è successo a Castrogno Fernando mesi fa ha presentato un esposto, che ora potrebbe avere ulteriori sviluppi . Tant’è che il pm Bruno Auriemma ha disposto l’autopsia.

Da domenica Fernando si è chiuso nel silenzio più totale, anche se a circondarlo di affetto, solidarietà e stima c’è l’intera comunità di Manoppello. «Siamo tutti dispiaciuti per la tragedia capitata a questa famiglia», dice il sindaco Gennaro Materazzo,«e siamo tutti vicini a Fernando, una persona molto stimata e apprezzata in paese che ora è rimasta da sola, vittima di una tragedia che nessuno si sa spiegare».

L’OMICIDIO. Il dramma della famiglia di Nunzio inizia il 25 settembre. Quella domenica, Valentino aveva pranzato come sempre con la madre Maria Teresa Di Giamberardino, casalinga di 55 anni e il padre Fernando, autista, poi era andato dai cugini per vedere un film. Dopo poco Valentino era tornato a casa con una scusa. Il padre nel frattempo era andato al bar, la madre era rimasta in casa a riposarsi. Valentino aveva afferrato un coltello da cucina e aveva colpito a morte la donna.

Quando i carabinieri erano arrivati in via Campania avevano trovato Valentino dietro la porta di casa. «Ho ucciso mia madre, mi aveva fatto arrabiare», aveva ammesso subito il ragazzo, che la sera stessa era finito in carcere.

LA MALATTIA. Sin dai primi giorni il padre del ragazzo e il suo avvocato difensore, Isidoro Malandra, avevano chiesto una perizia psichiatrica su Valentino e il trasferimento in un centro sanitario. Il ragazzo, infatti, era in cura da anni per problemi di natura psichiatrica, anche se non aveva mai dato segni di aggressività. Subito dopo l’omicidio, poi, le sue condizioni si erano aggravate.

Dopo un periodo di detenzione a San Donato il ragazzo aveva passato un periodo in osservazione a Milano, poi era stato di nuovo trasferito in carcere, questa volta a Teramo. Secondo l’avvocato di Di Nunzio la stessa direzione del carcere aveva presentato due richieste di trasferimento a causa delle condizioni di salute di Valentino.

IN CARCERE A TERAMO. Prima ancora che le istanze fossero valutate, però, il 14 febbraio il ragazzo è finito giù dal letto a castello, nella sua cella. Un gesto, il suo, che per la difesa e il padre è inequivocabilmente un tentativo di suicidio. Per questo Fernando Di Nunzio pochi giorni dopo aveva chiesto alla Procura di accertare se vi siano state decisioni errate o omissioni che abbiano condotto al tragico episodio.

Il ragazzo, che nella caduta ha riportato lesioni molto serie tanto da rischiare la paralisi e da non essere in grado di respirare da solo, nel frattempo è finito prima in ospedale, poi a Villa Pini, dove è morto domenica.

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