Marina Curci e Michele Ferrandino

CORONAVIRUS / STORIA DI DUE PATTINATORI

Una famiglia disperata: «Noi messi sul lastrico da Covid e burocrazia» 

Marina e Michele (Duo Ferrandino): viviamo con tre figli a Pescara in una casa popolare di 40 metri quadri e con 80 euro al mese

PESCARA. Covid e burocrazia: due mali che mettono a dura prova la vita di una famiglia di artisti. Precari nel lavoro, invisibili durante la pandemia e avvolti dall’incertezza per i mesi che verranno. Per Marina Curci e Michele Ferrandino, pattinatori acrobatici di 38 e 45 anni, le incognite sulla ripartenza di un settore, quello degli spettacoli, fermo ormai dai sei mesi, si sommano alla mancanza di cassa integrazione e di altri ammortizzatori sociali previsti dal Governo per alcune categorie particolarmente colpite dall’emergenza sanitaria. E, come se non bastasse, a complicare una situazione resa già drammatica, arriva la macchina burocratica a mettere i bastoni tra le ruote all’erogazione del reddito di cittadinanza, misura riservata ai cittadini in difficoltà economica.


«Siamo disperati: non sappiamo più come andare avanti e come mantenere i nostri tre figli minorenni». Il grido di aiuto arriva dal Duo Ferrandino, una coppia di atleti di pattinaggio acrobatico che in passato ha collaborato con i più grandi circhi italiani e stranieri ma che oggi, a causa dell’emergenza coronavirus, si trova alle strette, con i contratti cancellati, i risparmi di una vita ormai terminati e i sussidi che non arrivano. «Non abbiamo ricevuto un euro di bonus dallo Stato perché siamo artisti senza partita Iva», raccontano, «e inoltre, lavorando nei circhi, non abbiamo i famosi trenta giorni di contributi. Sulla carta abbiamo i requisiti per ricevere il reddito di cittadinanza, ma a causa di un errore nel calcolo dell’Isee che non abbiamo commesso noi, sono due mesi che andiamo avanti e indietro tra il Caf di corso Vittorio Emanuele e l’Inps che si rimpallano la responsabilità».
I dettagli di una vicenda dai contorni surreali li racconta Marina Curci. Tutto ha inizio lo scorso febbraio, con l’impennata nella diffusione dei contagi. «Eravamo nella Polinesia francese», dice, «lavoravamo come pattinatori acrobatici su una nave da crociera quando si è iniziato a parlare del virus. Siamo rientrati in tutta fretta a Pescara, nella nostra casa popolare di 40 metri quadri in via Maestri del Lavoro, dove viviamo in cinque con i nostri tre figli minorenni. Non avendo diritto al bonus statale siamo andati avanti in questi mesi con i risparmi che avevamo messo da parte, oggi terminati, senza sapere come riuscire a sopravvivere».
La coppia, non essendo titolare di partita Iva e non avendo i requisiti per accedere al bonus statale per l’emergenza Covid, ha presentato la richiesta del reddito di cittadinanza. «In un primo momento ci è stata bocciata», aggiunge la donna, «perché, facendo riferimento ai redditi 2018, quando ancora lavoravamo, è risultato che non ne avevamo diritto. Poi ci hanno suggerito di presentare l’Isee corrente, cosa che abbiamo fatto, ma sono passati altri mesi. Adesso, da due mesi a questa parte, a causa di un errore che sembra irrecuperabile e non si sa se sia stato commesso dal funzionario del Caf o dall’Inps, ci è stato calcolato un Isee sbagliato: anziché essere inferiore a quello ordinario del 2018, è risultato addirittura raddoppiato, raggiungendo una cifra che non abbiamo mai visto sui nostri conti. Il risultato è che l’unico sussidio che riceviamo, al posto dei 950 euro che ci spetterebbero, è 80 euro al mese con i quali non sappiamo cosa farci».
Il passare delle settimane, senza alcuna risposta dagli enti preposti, spinge la coppia a rivolgersi al Centro per sollevare l’attenzione e cercare di venire a capo dell’intero garbuglio. «Siamo persone oneste», conclude Marina Curci, «viviamo in una casa popolare e non abbiamo una macchina per spostarci. Tra pochi giorni, poi, inizierà la scuola per i nostri figli. Quando ci è stato assegnato il reddito di cittadinanza, nell’aprile 2019, non lo abbiamo mai riscosso perché lavoravamo e abbiamo fatto la rinuncia. Ma adesso, visto che il nostro settore è fermo da mesi e non si sa come e quando ripartirà, vorremmo solo ricevere un aiuto che ci spetta di diritto».
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