UNA TASSA PER L’AQUILA: PROVIAMOCI

Gentile Direttore,
ho letto con estremo interesse il Suo editoriale di domenica su Il Centro. La proposta di una tassa per finanziare la ricostruzione mi trova pienamente d'accordo. Su questo andrà fatta una battaglia in Parlamento, che mi vedrà schierata in prima linea e chiederò la piena adesione di tutti i parlamentari abruzzesi. L'emendamento, che ho già pronto, dovrà essere l'emendamento dell'Abruzzo intero, senza distinzioni di appartenenza politica. D'altra parte il miliardo e duecento milioni, previsto nel decreto emergenze, grazie ad un mio emendamento, recupera i fondi proprio da un prelievo, quello dei bolli dello Stato. Non credo ci sia alternativa.

Esiste però un'altra strada, che continuerò a percorrere, ovvero riaprire con l'Europa la possibilità di ricorrere, per la ricostruzione post emergenze naturali, al fondo Cassa Depositi e Prestiti, come sta avvenendo in Emilia e come è avvenuto nella prima fase in Abruzzo. Dopo quattro anni stiamo ancora scontando il "peccato originale", che ha marcato il "nostro" terremoto: L'Aquila e il cratere sono stati trattati come terre "usa e getta", da sedurre per poi abbandonare. È stato fatto credere che la ricostruzione si potesse gestire senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini, senza una tassa di scopo.

Mentre noi stavamo ancora piangendo i nostri morti, il governo Berlusconi ammaliava e disorientava aquilani ed italiani con la proposta delle new towns; di una legge che stanziasse fondi certi per la ricostruzione, neanche l'ombra. Gli italiani hanno pensato che qui fosse tutto risolto e che fosse ingeneroso lamentarsi o chiedere altri fondi. Né trattamento diverso ci ha riservato il governo Monti. Il Ministro Barca ha avuto il merito di restituire la governance ai sindaci, ma non ha stanziato fondi certi, come invece ha fatto per il terremoto dell'Emilia Romagna. Certo che se in Emilia si è riusciti ad ottenere di più è anche dovuto al pressing che il presidente Errani ha fatto sul governo. Cosa che il Presidente Chiodi si è guardato bene dal fare.

Non credo sia vero che gli aquilani non abbiano l'umiltà di farsi aiutare. Saremo sempre grati ai tanti cittadini italiani e del mondo che ci hanno mostrato aiuto e solidarietà. È forse in parte vero che L'Aquila non ha avuto un buon rapporto con la Regione, la cui nascita è figlia di un tempestoso periodo storico, che affonda le sue redici nei moti del '71. Ma il terremoto poteva rappresentare l'occasione per la Regione di trasformarsi in madre benevola, che aiuta la figlia sofferente a rialzarsi, prendendosene cura. E dobbiamo imparare a fare gioco di squadra verso il governo. E' una battaglia difficile, dove va recuperato il senso del bene comune. L'unico bene comune è la ricostruzione sana, pulita e veloce dell'Aquila e di tutti i luoghi colpiti dal terremoto. Per farlo dovremmo fare tutti un passo indietro, per fare cento passi in avanti.