Urbanistica, D’Alfonso sotto accusa

Chiusa l’inchiesta: 20 indagati, ipotesi di corruzione e associazione per delinquere.

PESCARA. Corruzione, concussione e associazione per delinquere. Con queste accuse mosse (a vario titolo) nei confronti di venti indagati, primo fra tutti l’ex sindaco Luciano D’Alfonso, coinvolto assieme al suo ex braccio destro Guido Dezio, il sostituto procuratore Gennaro Varone ha chiuso l’indagine sull’urbanistica al comune di Pescara. Firmato l’avviso di conclusione delle indagini, la notifica è stata affidata alla squadra Mobile e sarà avviata nelle prossime ore. Al centro dell’inchiesta ci sono 22 accordi di programma Comune-privati portati avanti tra il 2005 e il 2008: l’ipotesi dell’accusa è che i progetti degli imprenditori siano stati agevolati in cambio di favori.

GLI INDAGATI
Rispetto alla fase iniziale, tuttavia, si è assottigliata la lista degli indagati, che passano da 33 a 20: sono politici, imprenditori e figure di contorno, mentre vengono stralciati (per andare con ogni probabilità verso l’archiviazione) le posizioni meno rilevanti. Resta da chiarire se nell’elenco degli indagati compaia ancora il nome di quello che, assieme a D’Alfonso, era l’indagato eccellente, l’arcivescovo emerito di Pescara Francesco Cuccarese, rimasto impigliato nelle indagini per le attività della sua fondazione «In Veritate et Charitate» (Ivec), gestita dal suo allora braccio destro Luciano Carozza. Tra i politici, comparivano inizialmente nell’elenco degli indagati anche l’attuale presidente del consiglio comunale di Pescara Licio Di Biase, Guerino Testa, oggi presidente della Provincia, e l’ex presidente della commissione Urbanistica del Comune Vincenzo Dogali, ma le loro posizioni potrebbero essere state archiviate.

L’INCHIESTA
Ad avviare l’indagine, nel 2006, è il sostituto procuratore Aldo Aceto, in pool con il procuratore aggiunto Pietro Mennini e i pm Giuseppe Bellelli e Giampiero Di Florio. Il primo atto visibile è il blitz degli investigatori della squadra Mobile a palazzo di Città, il 15 maggio, quando gli uomini di Nicola Zupo entrano in Comune per farsi consegnare la documentazione di una ventina di accordi siglati con i big del mattone e, a sorpresa, nella lista compare anche la fondazione dell’ex arcivescovo. Nel 2008, mentre l’inchiesta procede, Aceto lascia Pescara per Larino.

Nel 2009, mentre anche Mennini si appresta a trasferirsi per assumere la guida della procura di Chieti, entra nel pool anche il sostituto procuratore Varone, che sta lavorando all’inchiesta «Housework» sulle presunti tangenti in Comune: una parte dell’indagine di Varone che riguarda il filone urbanistico viene stralciata e accorpata alla vecchia inchiesta e viene formato un nuovo fascicolo. Mentre l’inchiesta arriva a conclusione, Varone resta il titolare unico ed è lui a firmare il documento finale.

I NOMI ECCELLENTI
Ma perché monsignor Cuccarese, quattro anni fa, viene chiamato in causa? Secondo l’ipotesi iniziale, la sua fondazione avrebbe ricevuto fondi dalla Regione (500 mila euro) per la costruzione della Cittadella della carità senza i passaggi obbligati. Inoltre, per favorire nella sua iniziativa la fondazione, in forti difficoltà finanziarie, sarebbe intervenuto lo stesso sindaco, sollecitando l’intervento di un imprenditore disposto ad accollarsi i debiti e ad acquistare terreni della Ivec.

In cambio di che cosa? Della possibilità di costruire in una vasta area sud della città, adiacente alle Naiadi, in gran parte vincolata nel Prg come inedificabile. D’Alfonso, in questo caso, avrebbe agito come mediatore per aiutare Cuccarese. Tra le accuse mosse inizialmente a D’Alfonso, anche quella legata ai contributi raccolti da imprenditori per aiutare il Pescara calcio: nel mirino 25 mila euro versati da un imprenditore, in cambio del quale l’ex sindaco avrebbe favorito la società in un accordo di programma.