Urla e minacce nell’aula: inchiesta aperta d’ufficio 

Il fascicolo andrà a Campobasso perché la parte offesa è il giudice pescarese Dall’Anm e la Camera penale dure prese di posizione: no agli attacchi gratuiti

PESCARA. Sarà la procura della Repubblica di Campobasso, competente per tutto ciò che riguarda i magistrati di Pescara, a occuparsi dell’inchiesta sulla violenta protesta che si è verificata giovedì nell’aula del tribunale di Pescara dove il gup, Gianluca Sarandrea, ha letto il contestato dispositivo sulla sentenza di Rigopiano che ha assolto 25 dei 30 imputati.
La relazione stilata dalla polizia, che aveva la responsabilità della sicurezza nell’aula dove si è verificata l’aggressione verbale nei confronti del giudice, è un atto dovuto. Oltraggio a un magistrato in udienza e minacce: sono almeno due delle ipotesi di reato che la polizia non potrà fare a meno di riportare nella sua relazione, peraltro documentata dalle riprese televisive e non, registrate nell’aula e che hanno fatto il giro d’Italia, vista la presenza di tutte le maggiori testate nazionali di giornali e televisioni.
Le grida, gli insulti, le minacce esplicite contro il giudice e lo Stato, e le riprese filmate che gli investigatori dovranno acquisire, rappresentano il materiale sul quale dovrà lavorare la procura di Campobasso. La procura di Pescara, che non ha competenza in merito proprio perché è coinvolto un magistrato, non potrà far altro che trasmettere il fascicolo ai colleghi molisani.
Intanto, su quanto accaduto, si registrano dure prese di posizione. Prima fra tutte quella dell’Anm Abruzzo (l’Associazione Nazionale Magistrati), guidata dalla presidentessa Roberta D’Avolio, che sottolinea anche le criticabili esternazioni di alcuni rappresentanti della politica.
L’ANM. «Pur esprimendo vicinanza ai familiari della tragedia di Rigopiano, tragedia che ha per sempre segnato il nostro territorio, e al dolore che gli stessi hanno manifestato, la giunta distrettuale Anm Abruzzo rappresenta la propria solidarietà al collega che ha svolto le funzioni di giudice nella vicenda e respinge fermamente», sottolinea D’Avolio, «ogni forma di attacco espresso senza che siano conosciute le motivazioni della sentenza, soprattutto se questo proviene da organi istituzionali, chiamati innanzitutto a garantire lo Stato di diritto di cui fanno parte. In uno Stato di diritto», prosegue l’Anm, «la critica alle pronunce giurisdizionali deve avvenire nei modi di rito e il costituzionale e inviolabile diritto di critica non può essere esercitato, specie se proviene dagli organi istituzionali, prima di aver letto le motivazioni della sentenza, risolvendosi altrimenti in una critica arbitraria, che si estende alla magistratura tutta, chiamata a giudicare secondo diritto, principio di legalità e indipendenza e a rivalutare, nei successivi gradi, ove necessario, le proprie decisioni, giammai ad assolvere o a condannare secondo quanto voluto dall'opinione pubblica. Le reazioni scomposte alla sentenza di giovedì scorso, diffuse sulla stampa, sui social, nei programmi televisivi», conclude D’Avolio, «minano il principio di indipendenza e imparzialità del giudice, che costituisce il baluardo di uno Stato democratico e che dovrebbe essere difeso dagli organi istituzionali, non dagli stessi indebolito e compromesso».
LA CAMERA PENALE. Anche la Camera Penale di Pescara interviene sulla protesta in aula. «Coloro che credono nello Stato di diritto», scrive il consiglio direttivo, «ritengono che l’aula del tribunale sia sacra perché luogo in cui si amministra la Giustizia e si celebrano processi secondo i principi costituzionali e secondo diritto, che contemplano la critica delle sentenze nelle forme di rito, giammai con comportamenti violenti, oltraggiosi e minacciosi». E ancora: «Siamo fermamente convinti del fatto che nessun esito processuale possa giustificare condotte di violenta aggressione verbale e di plateale minaccia all'incolumità fisica dei soggetti processuali e non possiamo non stigmatizzare il fatto che le manifestazioni di inciviltà siano state, di fatto, tollerate per lungo lasso di tempo». Nel condannare fermamente l’episodio accaduto, la Camera Penale conclude: «Come nel tempo è maturata un’idea della giurisdizione cui si plaude solo se applica cautele, se somministra condanne e se attua repressione, con una informazione giudiziaria che troppo spesso pare sbilanciata a favore degli accusatori e concentrata nel descrivere precipuamente gli esiti delle attività investigative». (m.cir.)