Tiro a volo

Alessia Iezzi, campionessa del mondo di tiro a volo: «Un’emozione indescrivibile, il sogno è Los Angeles 2028»

21 Ottobre 2025

L’atleta di Manoppello ha conquistato il titolo iridato sabato a Malakasa: «Essere mamma è speciale, la mia famiglia mi aiuta quando gareggio»

Una vita scandita dai colpi con un fucile a canne lisce abbattendo piattelli e record nel tiro al volo. Alessia Iezzi, l’atleta del gruppo sportivo carabinieri, si è laureata campionessa del mondo di Trap mixed team con il 48enne marchigiano Massimo Fabbrizi sulle pedane greche di Malakasa, vicino Atene.

La 29enne di Manoppello ha aggiunto sulla bacheca l’ennesima medaglia di una carriera foriera di successi. «Un’emozione indescrivibile che faccio ancora fatica a metabolizzare», spiega Iezzi, «considerando anche che in questo quadriennio la Trap è tornata nella fossa olimpica». Un successo arrivato in coppia: più semplice o difficile gareggiare in due? «Ci sono pro e contro. Sicuramente è bellissimo avere un compagno accanto che ti carica e motiva, ma senti una responsabilità doppia se sbagli un colpo. Però, nel complesso è entusiasmante stare insieme».

Ha iniziato a gareggiare e vincere da adolescente. Oggi è anche mamma del piccolo Leonardo, ma ciò non le impedisce di essere sempre di più la punta di diamante del movimento azzurro. «Sono cresciuta molto in questi anni perché diventare mamma ti responsabilizza tantissimo», prosegue Alessia Iezzi. «Tutto gira intorno a tuo figlio e, sebbene la vita sia cambiata radicalmente, questo non mi impedisce di continuare nella carriera».

Una scelta coraggiosa e ponderata per la campionessa del mondo, andando controcorrente rispetto alle college di altre discipline costrette a scegliere tra lo sport e la vita privata. «Ho scelto io di volere un figlio da giovane e non nego di essermi fatta dei calcoli nel senso che sono rimasta incinta dopo le Olimpiadi di Tokyo del 2021 e, tre mesi dopo il parto, ad aprile dell’anno successivo sono tornata in pedana. In verità il mio sport non ha limiti d’età, per cui possiamo gareggiare ancora a lungo, senza dover anteporre per forza la carriera alla famiglia».

E durante i suoi viaggi come si organizza? «Lascio Leo dai miei genitori o dai miei suoceri. Ora ha tre anni e mezzo e sa sempre quando devo andare e quando possiamo stare insieme. Il supporto dei miei familiari in questo è fondamentale, perché mi permette di restare concentrata una volta impugnato il fucile».

Un amore a prima vista quello con il tiro al volo, nato nell’impianto di Sant’Uberto fondato dal nonno Carmine a Manoppello e attualmente gestito dalla mamma Marcella, crescendo durante le gare di papà Antonello, anche lui campione nella stessa disciplina. «Quando sei adolescente non sai cosa fare da grande, ma una volta entrata nel giro della Nazionale a 15 anni ho deciso che mi sarebbe piaciuto trasformare quella passione in un lavoro. Certo non è stato facile rinunciare ad una vita normale, fatta di uscite con le amiche il sabato sera in discoteca mentre io gareggiavo. Non ho potuto coltivare relazioni al di fuori dello sport, però l’ho accettato perché quello che stavo facendo mi piaceva più di ogni altra cosa».

Nonostante la giovane età, Iezzi è entrata di diritto nell’olimpo dello sport, insieme ad una generazione di atlete che sta scrivendo pagine storiche del movimento. «Siamo cresciute insieme, dal settore giovanile sino ad oggi. In quest’ultimo anno si respira una bella unione tra di noi, condividiamo del tempo anche fuori dalla pedana, ci scriviamo ogni giorno su un gruppo WhatsApp, ma una volta in pista siamo rivali».

Eppure c’è stato un momento preciso in cui la carriera ha preso una piega definitiva. «La finale della coppa del mondo in India nel 2017. Venivo da un periodo negativo, in cui pensavo anche di smettere. Quando mi resi conto di poter competere per il titolo iridato è scattato qualcosa in me, mi è risalito il morale e, in effetti, ho vinto».

Anche se la determinazione resta la stessa, a prescindere dai successi. «Credo che abbia ancora tanto da migliorare, nello sport non ci ferma mai». Casomai con un pensiero rivolto alle Olimpiadi di Los Angeles 2028. «Per uno sportivo professionista le Olimpiadi sono il sogno di una vita e per me restano tali. Non parlerei di obiettivo, perché penso solo alla prossima gara. Se poi dovessero arrivare, sarebbe fantastico».

Ma come si prepara Iezzi prima di colpire un piattello? «Non ho un rituale preciso. Faccio esercizi di respirazione e ascolto molta musica, a seconda del momento. Ascolto playlist di musica italiana o tecno-house nelle cuffiette per caricarmi. A volte me ne esco con alcune frasi in abruzzese a seconda della circostanza (ride, ndr)».

Una volta finita la gara, Iezzi torna nella sua Manoppello coltivando la passione per i cavalli e vivendo la realtà familiare. «La mia famiglia è molto semplice. Ad esempio domenica sono tornata dalla Grecia e abbiamo festeggiato, ma poi finisce lì. Mio nonno Carmine mi spronava tantissimo, per lui esisteva solo la medaglia d’oro. Quando mi allenavo, mi osservava di nascosto. Non mi dava la soddisfazione, ma quando vincevo era la persona più felice del mondo».

Da sportiva, le piace qualche altra disciplina? «Il tennis e la Formula 1, per la loro componente psicologica».

Una vita scandita dai colpi con un fucile a canne lisce abbattendo piattelli e record nel tiro al volo. Alessia Iezzi, l’atleta del gruppo sportivo carabinieri, si è laureata campionessa del mondo di Trap mixed team con il 48enne marchigiano Massimo Fabbrizi sulle pedane greche di Malakasa, vicino Atene. La 29enne di Manoppello ha aggiunto sulla bacheca l’ennesima medaglia di una carriera foriera di successi. «Un’emozione indescrivibile che faccio ancora fatica a metabolizzare», spiega Iezzi, «considerando anche che in questo quadriennio la Trap è tornata nella fossa olimpica».

Un successo arrivato in coppia: più semplice o difficile gareggiare in due? «Ci sono pro e contro. Sicuramente è bellissimo avere un compagno accanto che ti carica e motiva, ma senti una responsabilità doppia se sbagli un colpo. Però, nel complesso è entusiasmante stare insieme».

Ha iniziato a gareggiare e vincere da adolescente. Oggi è anche mamma del piccolo Leonardo, ma ciò non le impedisce di essere sempre di più la punta di diamante del movimento azzurro. «Sono cresciuta molto in questi anni perché diventare mamma ti responsabilizza tantissimo», prosegue Alessia Iezzi. «Tutto gira intorno a tuo figlio e, sebbene la vita sia cambiata radicalmente, questo non mi impedisce di continuare nella carriera».

Una scelta coraggiosa e ponderata per la campionessa del mondo, andando controcorrente rispetto alle college di altre discipline costrette a scegliere tra lo sport e la vita privata. «Ho scelto io di volere un figlio da giovane e non nego di essermi fatta dei calcoli nel senso che sono rimasta incinta dopo le Olimpiadi di Tokyo del 2021 e, tre mesi dopo il parto, ad aprile dell’anno successivo sono tornata in pedana. In verità il mio sport non ha limiti d’età, per cui possiamo gareggiare ancora a lungo, senza dover anteporre per forza la carriera alla famiglia».

E durante i suoi viaggi come si organizza? «Lascio Leo dai miei genitori o dai miei suoceri. Ora ha tre anni e mezzo e sa sempre quando devo andare e quando possiamo stare insieme. Il supporto dei miei familiari in questo è fondamentale, perché mi permette di restare concentrata una volta impugnato il fucile».

Un amore a prima vista quello con il tiro al volo, nato nell’impianto di Sant’Uberto fondato dal nonno Carmine a Manoppello e attualmente gestito dalla mamma Marcella, crescendo durante le gare di papà Antonello, anche lui campione nella stessa disciplina. «Quando sei adolescente non sai cosa fare da grande, ma una volta entrata nel giro della Nazionale a 15 anni ho deciso che mi sarebbe piaciuto trasformare quella passione in un lavoro. Certo non è stato facile rinunciare ad una vita normale, fatta di uscite con le amiche il sabato sera in discoteca mentre io gareggiavo. Non ho potuto coltivare relazioni al di fuori dello sport, però l’ho accettato perché quello che stavo facendo mi piaceva più di ogni altra cosa».

Nonostante la giovane età, Iezzi è entrata di diritto nell’olimpo dello sport, insieme ad una generazione di atlete che sta scrivendo pagine storiche del movimento. «Siamo cresciute insieme, dal settore giovanile sino ad oggi. In quest’ultimo anno si respira una bella unione tra di noi, condividiamo del tempo anche fuori dalla pedana, ci scriviamo ogni giorno su un gruppo WhatsApp, ma una volta in pista siamo rivali».

Eppure c’è stato un momento preciso in cui la carriera ha preso una piega definitiva. «La finale della coppa del mondo in India nel 2017. Venivo da un periodo negativo, in cui pensavo anche di smettere. Quando mi resi conto di poter competere per il titolo iridato è scattato qualcosa in me, mi è risalito il morale e, in effetti, ho vinto».

Anche se la determinazione resta la stessa, a prescindere dai successi. «Credo che abbia ancora tanto da migliorare, nello sport non ci ferma mai». Casomai con un pensiero rivolto alle Olimpiadi di Los Angeles 2028. «Per uno sportivo professionista le Olimpiadi sono il sogno di una vita e per me restano tali. Non parlerei di obiettivo, perché penso solo alla prossima gara. Se poi dovessero arrivare, sarebbe fantastico».

Ma come si prepara Iezzi prima di colpire un piattello? «Non ho un rituale preciso. Faccio esercizi di respirazione e ascolto molta musica, a seconda del momento. Ascolto playlist di musica italiana o tecno-house nelle cuffiette per caricarmi. A volte me ne esco con alcune frasi in abruzzese a seconda della circostanza (ride, ndr)».

Una volta finita la gara, Iezzi torna nella sua Manoppello coltivando la passione per i cavalli e vivendo la realtà familiare. «La mia famiglia è molto semplice. Ad esempio domenica sono tornata dalla Grecia e abbiamo festeggiato, ma poi finisce lì. Mio nonno Carmine mi spronava tantissimo, per lui esisteva solo la medaglia d’oro. Quando mi allenavo, mi osservava di nascosto. Non mi dava la soddisfazione, ma quando vincevo era la persona più felice del mondo». Da sportiva, le piace qualche altra disciplina? «Il tennis e la Formula 1, per la loro componente psicologica».