Caos Chieti Calcio, il comunicato dei giocatori: «Da luglio a oggi pagata una sola mensilità»

Un comunicato della squadra fa chiarezza sul periodo negativo che sta vivendo la società del Chieti Calcio: «Chiediamo al Presidente di mantenere almeno questa promessa e lasciar andar via quei ragazzi che per vari motivi non riescono ad andare avanti in queste condizioni»
CHIETI. Il comunicato dei giocatori del Chieti Calcio dopo il mancato pagamento degli stipendi e le promesse non mantenute del presidente e della società: «Con il presente Comunicato, i calciatori tesserati per il Chieti, intendono rappresentare quanto segue. Non saremmo mai voluti arrivare a questo punto ma noi calciatori sentiamo la necessità di condividere con tutti i tifosi e con la città la realtà che stiamo vivendo e sconfessare chi, in maniera più o meno velata, sta tentando in mettere in discussione il nostro impegno e la nostra abnegazione. Da fine Luglio ad oggi, la società ha saldato una sola mensilità a nostro carico delle dieci stabilite e l’assenza dei pagamenti, e nessuna reale certezza sul versamento degli stessi, ci sta ponendo in una situazione estremamente difficile essendo venute a mancare le risorse economiche necessarie al proprio mantenimento ed in alcuni casi delle proprie famiglie. Difatti, da tempo siamo in attesa del pagamento della mensilità di settembre che nonostante le promesse non è ancora arrivato e questa condizione sta creando inevitabili disagi. Per queste ragioni chiediamo al Presidente di mantenere almeno questa promessa e lasciar andar via quei ragazzi che per vari motivi non riescono ad andare avanti in queste condizioni e quindi consentire loro di riprendere una vita “normale”. Resta inteso che, tutti noi, continueremo, come abbiamo fatto dal primo giorno di allenamento, a lavorare con impegno, serietà e rispetto per la maglia che indossiamo, consapevoli del valore che rappresenta per la città di Chieti e per tutti i tifosi che ci sostengono. In conclusione, siamo qui a scrivere questo comunicato non solamente per una questione economica, ne per cercare scuse o alibi, ma per chiedere rispetto, dignità e condizioni lavorative che ogni lavoratore merita».

