Dallo scudetto ai giovani, la scelta di Bordignon

L’italobrasiliano, tricolore nel futsal con l’Acqua&Sapone nel 2018, ora è istruttore e giocatore della SGT Sport
SAN GIOVANNI TEATINO. Più di 200 partite in serie A in carriera, la maglia azzurra, promozioni a raffica e Coppe, scudetto compreso. Poi la scelta di vita: scendere nei campionati minori e, soprattutto, dedicarsi ai bambini e ai ragazzi. È la storia di Andrei Bordignon, 38 anni, nato in Brasile, a Videira (Stato di Santa Catarina), ma passaporto italiano. È lui il leader in campo della primo squadra della SGT Sport Calcio a 5, che sabato prossimo debutterà nei play-off nazionali di C1 per l’accesso in serie B. Ma è l’ideatore della scuola di futsal della polisportiva di Sambuceto (ci sono anche nuoto e tennis) che popola con centinaia di giovani sportivi la locale Cittadella dello sport.
Il calcio a cinque è partito nel 2019. «Con Piccoli amici e Primi calci: avevamo solo 18 bambini», racconta oggi orgoglioso l’italobrasiliano. «Dopo la chiusura per Covid, siamo ripartiti con 50 bimbi, quest’anno siamo arrivati a 160 tesserati, partiamo dai 5 anni e arriviamo all’Under 19. Piccoli amici ed esordienti fanno anche calcio, le categorie superiori solo calcio a cinque. Con la prima squadra, sfioriamo i 200 tesserati». Merito della sua presenza: «Ho lasciato il futsal nazionale dopo l’ultima parentesi a Ortona. Ho deciso di trasferirmi qui: in tre anni siamo arrivati in C1 e oggi siamo ai play-off per la B. Il mister, Davide Arquilla, è di categoria superiore. Siamo una bella realtà, abbiamo portato già dei ragazzi delle giovanili a esordire in prima squadra. E questo è l’obiettivo principale del club. Siamo felici. Ringrazio il presidente della SGT, Luciano Di Nicola, e il suo vice, Massimo Candeloro. Hanno creduto da subito al progetto e mi hanno dato carta bianca: siamo cresciuti anche grazie a loro». Sabato prossimo il debutto assoluto nei play-off nazionali per la B contro il Ripamolisani, in Molise. In base al risultato, la SGT giocherà il 24 o il 31 maggio, in casa, contro la formazione campana. Bordignon aveva pensato da tempo a questa scelta di vita. «Quando giocavo, a Montesilvano e non solo, davo una mano al settore giovanile. Mi è sempre piaciuto. Qui è diventato un progetto. Vivendo a Sambuceto, ho pensato che portare un modello del genere sarebbe stata una bella idea. E infatti sta dando i frutti sperati».
L’idea è diventata realtà dopo lo scudetto del 2018: «Prima sono andato alla Dem, in B, poi una parentesi a Catania, di nuovo in A. A dicembre un periodo al Cobà, in A2, e due stagioni alla Tombesi, ma già lì avevo iniziato a fare l’istruttore con la SGT. Sono cinque anni che lavoriamo a questo progetto e i nostri ragazzi sono diventati una realtà nei campionati giovanili. C’è una bella atmosfera, tanti bambini vengono con i genitori al palazzetto a vedere le partite di prima squadra: in media ci sono 2, 300 persone tra bimbi e famiglie. Mi piace che si cresca con quest’atmosfera sana».
Ha qualche rimpianto per gli ultimi anni di carriera? «L’idea di continuare c’è stata, avrei voluto provare a vincere di più. Dopo esperienza fuori, a Roma e Padova, non volevo più spostarmi per la famiglia. La scelta di scendere di tre categorie non è stata facile. Ma ci sono stati motivi famigliari importanti, ed è andata bene così. Il fatto che il Catania mi abbia richiamato dopo la parentesi alla Dem dimostra che avrei potuto dare ancora qualcosa in A. Ma non ho rimpianti».
In futuro farà l’allenatore? «Allenare la prima squadra? Il ruolo di allenatore-giocatore l’ho già rifiutato. Voglio sentirmi ancora giocatore nello spogliatoio. Ma mai dire mai. Al momento mi piace continuare a formare i ragazzi».
I ricordi più belli della sua carriera? «Nel 2008, vice campioni d’Europa con l’Italia Under 21, lo scudetto Under 21 con la Brillante Roma e quello in A con l’Acqua&Sapone. Ma ho vinto tutto tranne la Champions e una Coppa Italia di A2, tutti gli altri titoli li ho conquistati. Ora voglio vincere dal basso, come allenatore dei ragazzi. I maestri? Ricci per la difesa, per possesso palla e attacco David Marin e Tino Perez. A quest’ultimo devo tanto, mi ha dato fiducia in un momento non facile per me».
Oggi è più brasiliano o più pescarese, visto che è sposato con una ragazza del posto e vive qui da anni? «Nel 2010 mi sono rotto il crociato, l’estate mi sono operato a Roma e sono rimasto da solo. Sono venuto a trovare alcuni amici a Pescara e Chieti e in quel periodo ho incontrato anche l’amore. Oggi mi sento più pescarese, qui tanti miei connazionali hanno scelto di vivere a fine carriera, è un posto splendido tra mare, montagna, cibo e persone speciali».