sei nazioni

Italrugby in Scozia per dimenticare un torneo da incubo

Ultimo posto certo, agli azzurri resta l'onore da salvare. Capitan Parisse fiducioso: "Il nemico è la fatica mentale"

Hanno pianto tutta la settimana, gli scozzesi, per i troppi infortuni patiti con gli inglesi e alla fine si scopre che sono tutti (o quasi) abili e arruolati. A partire da Stuart Hogg, il miglior estremo del torneo, sicuro candidato alla maglia numero 15 dei Lions al tour in Nuova Zelanda. Mancherà solo Richie Gray (la torre di Tolosa) il cui forfait è stato annunciato in serata. Al suo posto a fianco del fratello Jonny Gray ci sarà quel cagnaccio di Gilchrist a giocarsi la grande occasione. Unico cambio tecnico: Fraser Brown (l’uomo del placcaggio letale a Daly) parte dalla panchina e al tallonaggio si rivede Ross Ford, uomo da 106 caps.

Dopo la gran batosta nessuno vuol lasciare solo Vern Stern Cotter, l’allenatore che lascia la Scozia raccolta nel 2014 fra i cucchiai di legno e portata a un passo dalla semifinale mondiale, sino al quinto posto del ranking e soprattutto ai fasti pre Sei Nazioni quando la Scozia vinse l’ultimo torneo a cinque. Quella formazione è il termine di paragone con quella che oggi si gioca il secondo posto, il punto più alto dal 2000. Ma attenzione, l’insidia dell’ultima partita è una costante e l’Italia sa approfittarne (tre delle ultime vittorie sono arrivate a fine torneo) e se gli azzurri dovessero battere il Cardo con più di 15 punti, la Scozia crollerebbe dal sesto al nono posto, quindi fuori dalle prime due fasce delle teste di serie all’ormai prossimo sorteggio per Japan 2019. C’è molto quindi in palio, non solo l’orgoglio.

Per l’Italia una vittoria darebbe un segno più al lavoro di Conor O’Shea, non solo quei primi tempi in vantaggio contro Galles e Inghilterra. Passare dai 40/50 minuti agli 80 è la sfida in salita, o meglio tornare almeno ai 72’ di Twickenham in cui l’Italia è rimasta nel break e far dimenticare i 42’ di Roma.

L’ultima volta che l’Italia ha vinto contro la Scozia è stato qui a Edimburgo, due anni fa, con due esordienti come Bacchin e Visentin ma con la mischia dei Castrogiovanni e degli Zanni, decisamente esperta che portò alla meta tecnica alla sirena fissando quel 19-22. È stata la partita dello “schema” Venditti, bravo a crederci come a Londra e a catturare la palla scagliata sul palo destro dalla punizione di Canna («Ci alleniamo tutti i mercoledì» ha detto ieri scherzando Venditti, «Bravo lui a crederci ogni volta» ha chiosato il capitano Sergio Parisse). Ma fu soprattutto il match segnato dalle dichiarazioni, prima e dopo, del capitano. Prima «Siamo qui, una scarpa e una ciabatta». Dopo, a caldo, «A questa vittoria non credeva nessuno, neppure lo staff di Jacques Brunel. È la vittoria del gruppo».

Un biennio dopo, nonostante il biglietto da visita del Sudafrica a novembre, nonostante gli schemi geniali “lupo” “volpe” ingegnati da Venter, zero risultati.

Che partita volete fare? «Un match senza cali di tensione – afferma Parisse – come durante la partita contro la Francia e come nelle altre».

A parte lui e Cittadini, la media di cap in squadra non supera i 20 e il pack è molto diverso da quello dei senatori che vinse nel 2015. Reggeremo? «Speriamo. Sì, è vero la mischia è diversa, ma in questo match l’approccio sarà diverso. Non sarà una partita tutte maul e ruck come quella del 2015. Cercheremo di fare un gioco che attraversi tutte le zone del campo e dovremmo essere bravi nei punti di incontro a rallentare il ritmo avversario. Non permettere che i loro trequarti possano sviluppare la velocità che conosciamo. Voglio dire che, anche a causa delle strategie utilizzate per rallentare gli avversari (la ruck fantasma, ndr) la voglia di combattere ha peccato di aggressività. Dobbiamo imporre il gioco in tutti i punti del campo».

Ultimo turno di un torneo molto frenetico, in genere la benzina è già finita. «In una partita – dice il capitano – ci sono momenti in cui bisogna andare oltre la stanchezza, magari ti prendono i crampi e non sai dove trovare la forza. C’è la fatica fisica in un torneo così duro, ma ognuno deve arrivarci già preparato. Altrimenti è tardi. C’è soprattutto quella mentale ed è l’aspetto che abbiamo curato questa settimana». E sulle notizie da Parigi (la fusione del suo Stade con il Racing)? «Sono stati giorni di notizie difficili da capire, ma sarebbe una mancanza di rispetto verso l’Italia parlare qui della mia situazione».

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