L’ex pallavolista di serie A1 diventato cardiologo: dalle schiacciate ai bisturi

La storia di Tullio Agricola. A 65 anni gioca ancora con la Jurassic, protagonista a Chieti e a Ortona: «Studiavo medicina anche di notte perché la famiglia era intransigente»
CHIETI. «La pallavolo è più di una passione. La considero parte integrante della mia vita. Tutto qui. Anche perché, a 65 anni continuo a giocare, assieme a diversi coetanei, con la Jurassic Volley nel campionato di serie C». Nella voce di Tullio Agricola, affermato cardiologo, la soddisfazione per la conquista del titolo mondiale da parte della nazionale azzurra unita al desiderio di raccontare. «Ai miei tempi non esistevano i social e tutto finiva per essere esteriorizzato in maniera limitata. Ho vissuto momenti sportivi importanti dei quali conservo traccia, per fortuna, attraverso foto e articoli di giornale che mia sorella raccoglieva in due album che sfoglio sempre con piacere».
Raccontiamoli, alcuni di questi momenti. «Si parte dal settore giovanile di Chieti dove sono cresciuto fino ad entrare a far parte dell’organico della prima squadra impegnata, di stagione in stagione, in una perentoria scalata alla serie A1. Un movimento che vide protagonista l’allenatore Giampiero Leombroni e caratterizzato da figure di spicco come il presidente Sulpizio Ricciuti, il direttore sportivo Bruno Buono e il preparatore atletico Lucio Di Tizio. Avevo 20 anni quando, nel 1980, vincendo a Sesto Fiorentino con un incredibile numero di tifosi al seguito, conquistammo l’accesso alla massima serie nazionale. Ed è un ricordo indelebile come quello legato al successo, in serie A1, ottenuto contro la Robe di Kappa Torino che aveva vinto anche un titolo europeo. Il mio ruolo era quello di centrale e me la cavavo abbastanza bene in fase di ricezione all’interno di un gruppo di giocatori locali che comprendeva Alceo Esposito, Marcello Borrone, Walter D’Alessio e Carlo D’Attanasio. Un gruppo che trovava comunque spazio in una formazione nella quale hanno militato elementi di assoluto spessore come Alessandro Diz, Antonio Zecchi, Enrico Mazzaschi, Piero Molducci e Francesco Egidi. Con l’arrivo, poi, di Dusty Dvorak, palleggiatore statunitense campione olimpico, l’intera squadra fece comunque un deciso salto di qualità». In un clima di entusiasmo e completo coinvolgimento. «Erano tempi in cui si viveva la città. Sempre in mezzo alla gente in un rapporto bellissimo. Ricordo che si pranzava al ristorante Nino, in piazza della Trinità, assieme ai giocatori di calcio e di basket. Diventammo amici mentre lo sport teatino attraversava, sul quel finire del anni Settanta, davvero uno splendido periodo. Probabilmente irripetibile, al pari del movimento di base, superiore a quello attuale. Non so, forse oggi i ragazzi hanno troppi interessi ma non posso che pensare al fatto di come la mia giornata fosse segnata da due allenamenti al giorno e tante ore sui libri. Anche perché, in famiglia, la pallavolo veniva considerata un qualcosa che poteva finire per distrarre oltremisura dagli impegni di studio e, sia io che mio fratello maggiore, non potevamo non esibire un rendimento scolastico di buon livello».
Beh, il fratello in questione si chiama Nico ed è considerato uno dei migliori tecnici italiani di volley, specie per quanto riguarda la cura dei settori giovanili. «È un allenatore professionista che ha subito guidato Chieti in serie A1 per poi raccogliere, negli anni, degli ottimi risultati in diverse società importanti come Vibo Valentia, Piacenza e Trento. È riuscito a fare della sua enorme passione un lavoro e di questo sono ovviamente contento».
Per Tullio, invece, arrivò una laurea in medicina con specializzazione in cardiologia. «Studiavo anche di notte pur di non vedermi costretto ad abbandonare la pallavolo. Bisognava solo organizzarsi. Nel frattempo, mi venne proposto il passaggio all’Impavida Ortona con qualche perplessità iniziale da parte mia per poi essere coinvolto nell’amore che la città ha sempre nutrito per la pallavolo, concretizzata in un sostegno alla squadra, guidata dal bulgaro Dimitar Pangarov, allenatore-giocatore, che poteva contare tra gli altri, su un palleggiatore come Marco Giontella. Il tutto a margine di un ambiente, del quale conservo uno splendido ricordo, che, nel 1984, ci trascinò alla promozione in A2. Ho giocato ancora per diversi anni vincendo altri campionati ma, soprattutto, divertendomi».
Per il dottor Agricola tanti impegni di lavoro, ma bisogna comunque cercare di trovare il tempo per allenarsi in vista delle prossime partite della Jurassic che disputa le sue gare interne a Francavilla. «Faccio il possibile per esserci, anche perché sono il presidente della squadra», conclude sorridendo Agricola, «ma, in ogni caso, è sempre bello incontrare tanti amici, tutti ex giocatori, per ricordare storie legate ad una maniera di vivere lo sport che oggi trova pochi riscontri. Parliamo di uno sport che definirei romantico, basato su determinati valori dei quali, da tempo, si va purtroppo perdendo ogni traccia».